Sant’Andrea, la notte degli spiriti: aglio, cipolla e tanto mistero
Spesso mi chiedono se noi, gli ortodossi, siamo cristiani e più spesso sono i bambini che rivolgono questa domanda a mio figlio. La risposta è sempre la stessa: siamo cristiani grazie a Sant’Andrea, l’apostolo che, probabilmente, intorno al 50 d.c., convertì al cristianesimo i daci (gli antenati del popolo rumeno), ancora devoti al culto del loro dio Zamolxis. “Il nostro Sant’Andrea?”, segue la domanda che dimostra l’incredulità davanti una simile “scoperta illuminante”. Il “vostro” Sant’Andrea è il santo patrono della Romania, sono più di 700.000 i rumeni che portano il nome di Andrei o Andreea (variante femminile) e che festeggiano il loro onomastico il 30 novembre, giorno dichiarato anche festa nazionale.
La prima chiesa cristiana apparsa sul territorio romeno fu adibita in una grotta della regione Dobrogea, nel sud-est della Romania. Si racconta che l’Apostolo Andrea, il primo discepolo di Cristo, giunto in Scizia Minore (la Romania di oggi), per diffondere la parola di Dio, si rifugiò in questa zona dalle persecuzioni dei romani e i sacerdoti del culto locale lo ricevettero a braccia aperte, ospitandolo in una grotta in cui fu ulteriormente scavata la chiesa a lui dedicata. Nelle vicinanze si trova anche la Sorgente di Sant’Andrea. Secondo la tradizione, quando il Santo Apostolo Andrea giunse in queste terre non trovò in nessun posto dell’acqua, e allora colpì con il suo bastone la roccia nel posto dove c’è oggi la sorgente e l’acqua cominciò a sgorgare. La Grotta è un importante luogo di pellegrinaggio e di turismo religioso in Romania.
Fin qui niente di strano. Il giorno di sant’Andrea è carico di sacralità ma anche di tanta magia che rende questa festa veramente unica, grazie al suo intreccio, quasi mistico, tra elementi religiosi e riti pagani. La festività dedicata al santo coincide con un’altra festa pre-cristiana dedicata al lupo, che a quei tempi era adorato dai daci come una divinità. Non a caso, lo stemma dei guerrieri era un drago con la testa di lupo. La notte tra il 29 e 30 novembre viene chiamata anche la notte del lupo, giorno che porta l’inverno. Anche la figura popolare del santo è molto legata a quella del lupo, poiché si crede che il santo stesso, in questo giorno raccoglie tutti i lupi e distribuisce ad ognuno una preda per tutto l’inverno. In alcune regioni della Romania si narra che in questa notte gli animali parlano tra di loro nella lingua universale, comprensibile anche dall’uomo. Purtroppo tale rivelazione, se ascoltata dalle orecchie umane, potrebbe costare molto caro… l’uomo perderebbe l’udito, se non la vita.
Nella tradizione popolare, questa notte è conosciuta soprattutto come la notte degli spiriti, degli strigoi, delle figure mitologiche, una specie di morti viventi, che solo questa notte abbandonano le loro tombe e vagano sulla terra, provocando diverse malefatte: fanno impazzire gli uomini, distruggono i raccolti, fanno ammalare gli animali, torturano e succhiano il sangue dei vivi, rovinano la bellezza delle ragazze, rapiscono i bambini senza battesimo e gli uomini con molti peccati. Per proteggersi dalla forza malefica di questi morti viventi, esistevano – e tutt’ora sono conservate – una varietà di tradizioni, superstizioni ed usanze nelle quali il paganesimo si scontra con il cristianesimo. Stanotte si chiudono tutte le finestre e le porte delle case e vengono anche unte di aglio per tenere lontani gli spiriti malvagi. Si devono, inoltre, coprire tutti i fori che possano permettere l’entrata in casa. Le donne hanno il ruolo di proteggere la propria famiglia mettendo sottosopra tutte le pentole di casa, oppure spargendo per la casa pezzi di pane, in modo che gli spiriti maligni si fermino a raccorglierli evitando di entrare in casa. Ricordo che noi, i bambini, avevamo il compito di fare delle grosse trecce d’aglio, che si mettevano poi sopra le porte, ma anche quello di coprire tutti i buchi di porte e finestre, sempre con aglio, per non lasciare spazio agli spiriti di entrare. E’ inutile dire che l’odore forte di aglio allontanava qualsiasi essere, vivente o no, che si avvicinava alle case!!
Quello che più mi incuriosiva e allo stesso tempo mi terrorizzava era un altro rituale, a cui i bambini non potevano assistere, per rivelare l’autore di un crimine o di un furto. Anche gli investigatori più bravi ne sarebbero invidiosi! Un gruppo di uomini andavano al cimitero a mezzanotte muniti di candele e di un vaso pieno di acqua benedetta con delle monete d’argento dentro. Si posava il vaso su una tomba abbandonata, si accendevano le candele e si pregava finché nell’acqua non compariva l’immagine del criminale o del ladro. Qualcuno giura che tutto ciò, spaventosamente, si avverava…
La notte tra il 29 novembre e il 30 è anche la notte durante la quale le ragazze possono conoscere il loro futuro e vedere il futuro sposo, guardando il fondo di un pozzo alla luce di una candela o mettendo 41 semi di mela o dei fiori secchi di basilico sotto il cuscino. Confesso che nella mia vita ho mangiato tante mele solo per raccogliere i 41 semi che avevano il potere di svelare il mio futuro amoroso. Il divertimento più grande era il giorno dopo, quando le amiche si raccontavano i sogni fatti la notte prima. Io mi ricordo uno solo, indimenticabile: quello in cui Chuck Norris si sposava per la settima volta… con me! Dovete ammettere che sant’Andrea ha parecchio senso dell’umorismo!
Tra tutte le tradizioni legate alla notte di Sant’Andrea c’è una che, da piccola, mi piaceva più di tutte: era quella che sostituiva il lavoro di qualsiasi meteorologo esperto. Si prendevano 12 cipolle, una per ogni mese dell’anno, si mettevano nella soffitta, lontano dalla luce del sole e si lasciavano lì fino alla vigilia di Natale. Si tagliavano in due e quello che si trovava all’interno si interpretava in questo modo: ogni cipolla che usciva marcia dentro significava un mese di precipitazioni, quelle che avevano germogliato indicavano i mesi propizi per l’agricoltura. Forse c’è poco di scientifico, ma vi assicuro che le previsioni meteo “lette” nelle cipolle erano quasi sempre precise. Così come anche quelle indicate dalla luna: se era piena e il cielo sereno, l’inverno sarebbe stato caldo; se la luna era piena ma il cielo scuro, oppure se pioveva o nevicava, l’inverno sarebbe stato lungo, rigido e con tanta neve.
Mentre scrivo guardo fuori dalla finestra, il cielo è ricoperto di nuvole, la luna… non la vedo… chissà come sarà quest’inverno… Meglio preparare l’aglio!
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