Chi ha paura dei cartoni animati? Scooby Doo e lo spettro del comunismo!
Crescere negli anni ’70 e ’80, in una Romania comunista, con un regime dittatoriale folle, vuol dire vivere una non-infanzia, un’infanzia segnata da ideologie insensate, e non solo perché la sera mancava la corrente e facevamo i compiti al lume di una candela, o perché l’acqua calda era il sogno proibito dei fine settimana e il riscaldamento, questo sconosciuto, seguiva delle programmazioni assurde che ignoravano il fatto che fuori ci fossero anche 30 gradi sotto zero!
No, non voglio dire che parte della mia infanzia sia stata un po’ annacquata perché bisognava aspettare il Natale per mangiare un’arancia, talmente acerba e con la buccia così grossa che, quando la tagliavamo, rimanevamo con in mano pochi spicchi, acidi e asciutti, o per sentire il gusto esotico delle banane, sempre nere e sempre troppo mature (ho scoperto solo dopo la dittatura che erano in realtà gialle!); non lo dico neanche perché il cioccolato era un lusso spesso inarrivabile, le gomme da masticare una merce di “contrabbando” (vedi mercato nero, davvero!) e i giocattoli un vizio capitalista!
Voglio puntare il dito contro un’infanzia senza Tom and Jerry e Bugs Bunny, senza Biancaneve, senza Cenerentola, Scooby Doo e Casper, senza La carica dei 101, senza Pinocchio, senza Lilly e il Vagabondo, senza Braccio di Ferro! Un’infanzia con appena 5 minuti di cartoni animati al giorno, con il prolungamento a mezz’ora nel fine settimana, sull’unico canale Tv esistente, e solo nelle uniche 3 ore di programmazione giornaliere, dalle 19 alle 22.
I 5 minuti di cartoni animati erano comunque, per noi bambini, una boccata d’aria quotidiana, concessa in una prigione sempre più grigia e angusta. Lo show era incastrato tra un discorso patriottico e incalzante del dittatore Ceausescu e il telegiornale che glorificava le grandi vittorie del comunismo.
Sulle ultime parole del discorso si sentivano già le mamme urlare a squarciagola alle finestre chiamare i bambini che giocavano nel cortile: DESENEEEEE!!! (cartoni animati, in rumeno) e, un secondo dopo, una generazione di bambini era davanti alla TV, rigorosamente in bianco e nero. Ehm, giusto per dirla tutta, non è che fossimo arretrati col progresso. Anche in Romania, come nel resto del mondo, la televisione a colori era arrivata; l’unico problema era che i programmi erano trasmessi in bianco e nero, alla fonte. Pare infatti che il dittatore avesse visto il suo faccione sullo schermo a colori e che non avesse gradito le impietose macchie di vecchiaia che si rivelavano sulla sua pelle!! E dunque bianco e nero fu! Come la nostra vita, bianco e nero.
Lo so che state pensando che sia pura follia… ma aspettate di leggere cosa erano questi cartoni animati, anzi cosa non erano!
A questo punto urge una piccola pausa, una parentesi per spiegarvi cosa era il doppiaggio ai tempi del dittatore. Il doppiaggio dei cartoni animati era costituito da un’unica voce narrante, la stessa per ogni personaggio comprese le voci fuori campo. Più tardi la tradizione dell’unico narratore fu mantenuta, anche dopo la censura e per molti anni a venire, arrivando al punto di doppiare (qui il corsivo è d’obbligo!) i film in diretta, mentre arrivava nelle case. Dal 1994 al 1995 ho lavorato come doppiatrice live(!) per un provider televisivo, una sorta di Mediaset locale ante litteram che distribuiva alle famiglie via cavo film derivanti da satelliti europei.
Rimando questo racconto ad un futuro post e vi lascio solo immaginare cosa potesse essere per uno spettatore assistere ad un film come Ghost, per citare solo uno dei più emozionanti, in cui, sul parlato originale in sottofondo, senza conoscere fino a quel momento né trama né pause né sequenze, la mia voce era contemporaneamente e in diretta – ci tengo a sottolineare questi particolari – quella di Patrick Swayze, Demi Moore, Whoopi Goldberg, Tony Goldwyn!! I sottotitoli arrivarono dopo… per fortuna!
Ma torniamo a dove eravamo rimasti. Quest’unica voce aveva l’ingrato compito di tradurre solo quello che il partito e la sua vigile commissione di cenzură aveva approvato. Inoltre i messaggi dovevano essere dolci e positivi, anche se non avevano nessun nesso con quello che l’azione cinematografica mostrava!
C’erano poi i cartoni graditi, quelli educativi. Erano in genere russi o polacchi e tutto sommato ci piacevano, forse perché erano davvero divertenti o solo perché non avevamo scelta, ma le avventure del lupo che inseguiva il coniglio nel cartone russo Nu pagadi zait (una sorta di Wile E. Coyotee Beep Bee non violento), o le avventure mute di Lolek e Bolek, i due ragazzi-modello polacchi, che non parlavano mai, accendevano la nostra fantasia! Ho appreso in seguito che persino gli ingenui e muti Lolek e Bolek furono censurati: una puntata in cui i due bambini toglievano le piume da un gallo per giocare agli indiani fu cancellata perché il loro gesto fu considerato troppo violento.
Insieme alla mia generazione, sono cresciuta e mi sono formata principalmente con i cartoni animati della grande madre Russia. Il segno è stato talmente profondo che ho obbligato anche mio figlio da piccolo a guardarli, 30 anni dopo. Se glielo chiedo adesso, che ha 11 anni, si ricorda che erano simpatici e divertenti. |
Devo ammettere però che, se io gli ho fatto scoprire la fantasia russa, lui mi ha aperto gli occhi offrendomi una seconda fanciullezza rivelandomi un mondo nuovo, quello dei film Disney! Tra me e lui non potrei dire chi era il bambino in quei momenti in cui guardavamo insieme per la prima volta Cenerentola, Biancaneve, Le avventure di Peter Pan, La bella addormentata nel bosco…