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Oh, quanta strada nei suoi sandali!

Nella storia del ventesimo secolo c’è una piccola pagina in cui si racconta un’impresa singolare, dimenticata e incredibile, destinata decenni dopo ad essere omologata anche nel Guinness dei primati.

Siamo nei primi anni del 1900 quando un gruppo di avventurosi e temerari studenti rumeni decisero di girare il mondo! Con indosso esclusivamente costumi tradizionali della propria terra, utilizzando solo il supporto delle proprie gambe, si incamminarono calzando sandali contadini… ben 994!

E’ una storia avvincente a cui sento di non potermi sottrarre. Qualcuno sostiene, con amarezza e dispiacere, che, se si fosse trattato di americani o tedeschi, sarebbero diventati, senza dubbio, i protagonisti di un film di successo. Ma si tratta invece di quattro studenti rumeni e anche il comitato del Guinness dei primati ha atteso oltre 60 anni per riconoscere l’unicità della loro impresa.

Vi racconterò la loro storia lasciando ad ognuno di voi la regia del film della loro avventura.

Nell’estate del 1908, l’Europa era affascinata dal fenomeno dei globetrotter, viaggiatori improvvisati, autofinanziati,  che partivano per improbabili viaggi.
Il Touring Club francese propose un concorso inedito: il giro del mondo a piedi.
I cadumitrundidati potevano scegliere liberamente il percorso, ma dovevano attraversare ben 100.000 km! Inoltre, non potevano portare con sé denaro. Il premio era costituito da un franco per ogni chilometro percorso, per un totale di circa mezzo milione di euro di oggi.
In quel periodo si trovavano a Parigi, con una borsa di studio, anche 4 studenti rumeni, dicianovenni: Dumitru Dan, Paul Pârvu, George Negreanu e Alexandru Pascu. Due di loro studiavano geografia e gli altri due erano iscritti al Conservatorio. Già amici, erano abituati a lavorare, suonando e ballando, per mantenere gli studi.
Decisero di partecipare al concorso e proposero il loro itinerario spuntandola sui 200 presentati da altrettanti sognatori. Si ispirarono alla spedizione di Magellano, del 1521, il primo giro del mondo.
Prima di loro, un italiano, Armando Louy era entrato nel Guinness dei primati percorrendo 50.000 km in 10 anni.

Il leader del gruppo, Dumitru Dan, chiese ed ottenne agli organizzatori due anni per i preparativi. Tornarono in Romania e cominciarono i duri allenamenti: 45 km al giorno di marcia, scalate in montagna sia d’estate che d’inverno, allenamento con pesi per due ore al giorno. Studiarono intensamente cartografia, meteorologia, geografia e un po’ di medicina. Parlavano già francese, tedesco, inglese e spagnolo e ognuno di loro studiò una terza lingua, asiatica o slava.
Quando tutto fu pronto, restava ancora un piccolo non trascurabile dettaglio: i soldi, come mantenersi! La decisione cadde sulla musica: avrebbero vissuto suonando, cantando e ballando brani della tradizionale rumena. Due di loro erano studenti al Conservatorio di Parigi e già suonavano vari strumenti tra cui latraseu fisarmonica, il flauto e la cornamusa.

“Se vogliamo conoscere il mondo come rumeni, anche il mondo ci deve vedere come rumeni”, disse Dumitru Dan e decisero di girare il mondo indossando costumi tradizionali rumeni, con la fascia tricolore,  e sandali da contadino.

Nell’aprile del 1910 partirono da Bucarest, insieme al loro cane Harap.

Nel primo anno toccarono ben 4 continenti e la strada verso la meta sembrava in discesa. Presto però la grande avventura mostrerà il suo lato drammatico.  Nel secondo anno di viaggio Alexandru Pascu morirà per avvelenamento da oppio in India e due anni dopo, George Negreanu scomparirà cadendo in un precipizio tra le Montagne Nanling in Cina. Nel 1915, cinque anni dopo, Paul Pirvu viene ricoverato in Florida per una cancrena alle gambe, conseguenza degli oltre 3000km percorsi in Siberia, subendo l’amputazione degli arti. Qualche mese dopo morirà anche lui. Il cane, Harap, rimarrà con lui in Florida.

Dagli scritti di Dimitru, si legge che prima di morire, Paul Pirvu gli disse: “Fratello, abbiamo camminato più di 90 000 km. Eravamo in quattro, poi tre e ora siamo a due. Ora mi sono perso anche io… Non dobbiamo lasciare che si dica che i romeni sono stati sopraffatti e hanno rinunciato! Sapevo che ci sarebbero stati ostacoli, ma non così atroci. Devi lottare da solo da ora in poi e finire questo viaggio! “
Così, rimasto solo, Dan Dumitru decise di proseguire nel suo “maledetto” giro del mondo, ma, a meno di 5.000 km dalla meta dei 100.000, fu fermato dallo scoppio della prima guerra mondiale.

Fu arrestato a Salonicco,  da un ufficiale inglese,  con l’accusa di spionaggio, dopo aver rinvenuto tra i suoi bagagli mappe e riviste di tutto il mondo.

giramondoTornato in Romania dopo la guerra, completerà con testardaggine la sua avventura nel 1923, quando il Touring Club de France ricalcolò il percorso che ancora andava fatto per concludere il tragitto.

Dumitru sapeva bene che, in seguito alla grande svalutazione del franco post-bellica, il suo premio sarebbe valso meno della metà del suo valore iniziale, circa 40.000 franchi dell’epoca. Ma, in memoria dei suoi amici che persero la vita, volle comunque portare a termine la sua impresa, concludendola a Parigi il 14 luglio del 1923.

Percorse 100.000 km a piedi, attraversando cinque continenti, tre oceani, 7 mari, visitando 76 paesi e 1500 città, passando sei volte l’Equatore.
Della sua impresa sono rimaste pochissime foto e un diario scritto durante il viaggio, mai pubblicato, custodito dall’unica figlia e con pochissimi estratti riportati su qualche rivista dell’epoca.
Centinaia di pagine che parlano dei posti in cui si fermarono, descritti attentamente, con una profonda conoscenza di culture, tradizioni e abitudini. Racconti del modo in cui furono accolti, a Cuba, ad esempio, dove incontrarono il presidente dell’epoca, Mario Menocal, o alla Casa Bianca, quando

insieme al suo compagno di viaggio, Paul Pirvu, tenne un casa biancaconcerto di musica popolare, nel dicembre del 1914. Storie avventurose vissute ovunque, in Australia, quando camminando nella foresta, finirono nelle trappole che gli aborigeni avevano messo per catturare gli animali o in India dove furono accolti da veri eroi e gli fu offerto come alloggio l’albergo più lussuoso della capitale.

A Teheran le loro esibizioni musicali ebbero un incredibile successo, contro i dettami religiosi persiani che vietavano di suonare uno strumento musicale, e la presenza dei quattro rumeni fu vista come un vero evento.  A Rio de Janeiro il Diamantina theatre hall fece per giorni il tutto esaurito per il concerto di musica e balli tradizionali rumeni.

Dumitru Dan entrò nel Guinness dei primati nel 1985, anni dopo la sua morte, il primo uomo a compiere il giro del mondo a piedi.

Morì povero nel 1979,  in Romania,  e fu seppellito del Cimitero degli Eroi, a Buzau.

Non è facile trovare la sua tomba, perché sulla croce di ferro arrugginita si fa fatica ormai a leggere il nome. Dall’erba alta spuntano un paio di sandali da contadino, gli ultimi che ha indossato nel suo viaggio di ritorno in patria.

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Bella ciao, bella ciao, bella ciao, ciao, ciao!

Grecia se bucură și Europa tremură, populiștii au motive de sărbătoare, scepticii, de îngrijorare.  Despre victoria istorică a lui Alexis Tsipras și a partidului său,  Syriza,  se va vorbi mult în următoarele zile. Un lucru e cert, liderul grec care sperie Europa e un personaj charismatic, fascinant, un revoluționar atipic, un “erou al zilelor noastre”. La prima vedere, nu pare un revoluționar, mai degrabă, cum spun italienii, un radical chic, cu sacourile elegante Burberry, cu cămășile sale impecabile, obligatoriu fără cravată (a declarat că își va pune cravată în ziua în care va semna actul de anulare a datoriei publice a Greciei, estimată la circa 320 de miliarde de euro). Apropiații spun că are un singur “viciu”, frizeria cea mai chic din Atena, al cărui cient fidel este,  de ceva ani buni. Pare un personaj ieșit dintr-o serie americană de success și, nu întâmplător, primul mesaj pe twitter l-a scris pentru Hugh Laurie, alias Dr House, căruia i-a mulțumit pentru felicitările primite imediat după comunicarea rezultatelor. Analiștii politici îl consideră primul exemplar al unei noi specii de politicieni, un fel de Robin Hood, într-o Europă tot mai săracă și condamnată la austeritate. “Cu o familie solidă, bogată și burgheză în spate e ușor să faci pe revoluționarul”, spun adversarii lui politici. Aceiași care îl acuză,  deja,  că e vândut organizațiilor financiare internaționale.

turchiaNu vreau să vorbesc despre Alexis Tsipras, ci despre un cântec, cel cu care Tsipras și-a încheiat ultimul miting electoral, înainte de alegeri. Același care a răsunat pe străzile Parisului, în timpul maifestațiilor de solidaritate cu ziariștii de la Hebdo, dar și în timpul funeraliilor private ale uneia dintre victime, caricaturistul Tignous. În piața din Hong Kong, opoziția ieșită în stradă, să protesteze împotriva Chinei Comuniste, a  intonat același cântec, la fel ca și la Istanbul, unde zeci de mii de persoane au manifestat împotriva Islamului autoritar al președintelui turc Erdogan, în Ucraina sau în Siria. Cântecul se numește Bella ciao, e un cântec italian, vechi de peste 70 de ani,  care a devenit, în ultima perioadă,  imnul internațional al libertății, al rezistenței împotriva oricărei forme de dicatură, de opresiune, de încălcare a drepturilor fundamentale ale omului. Bella ciao a fost cântat, în ultimele luni, în toate colțurile planetei, a însoțit orice manfestație de protest, a încărcat de speranță și de curaj milioanele de luptători visători care au mai rămas în lume, cu melodia sa mobilizatoare și cu textul liric.

bellaciaoIstoria acestui cântec, cu autor anonim, este legată de mișcarea de rezistență anti-fascistă, a partizanilor italieni, din timpul celui de-al doilea război mondial. Motivul muzical se inspiră dintr-un cântec popular al lucrătorilor de pe plantațiile de orez din bazinul râului Po. Criticii muzicali,  care au studiat originile acestui imn al rezistenței,  au stabilit că Bella ciao s-a născut,  în 1940, în zona Reggio Emilia. Popularitatea ei la nivel internațional a început în vara lui 1947, în timpul primului Festival mondial al tinerilor democrați, care  a avut loc la Praga. De aici, a făcut realmente înconjurul lumii, a fost cântată în diverse variante muzicali,  de la folk la swing, rock e blues, tradusă în zeci de limbi, de la japoneză și rusă, la turcă și yiddish. A fost interpretată până și de către Wody Allen, în 2006, în timpul Festivalui de la Cannes.  Una dintre cele mai cunoscute variante internaționale a fost realizată de Goran Bregovic, cu a sa The Weeding and Funeral Orchestra.

Cum “nimeni nu e profet în țara lui”, cântecul Bella ciao a avut în Italia un destin tumultuos, la fel ca istoria din ultimii 50 de ani a acestei țări,  fiind adesea manipulat, maltratat, interzis și hulit de partidele de drepta, tocmai pentru că se identifică cu stânga comunistă.  Cum Silvio Berlusconi a dominat scena politică italiană din ultimii 20 de ani, iar intoleranța lui la comuniști era recunoscută,  Bella Ciao a fost interzisă în multe momente importante din istoria modernă a Italiei. În 2011, ar fi trebuit să se cânte pe scena Festivalului Sanremo, cu ocazia împlinirii a 150 de ani de la unitatea Italiei. În urma protestelor vehemente din partea clasei politice de dreapta, aflate la putere, imnul partizanilor nu s-a mai cântat pe scena festivalului.

hong kongUn cântec care a devenit, în timp,  un imn internațional al rezistenței, fără culoare politică,  nu a reușit să depășească, în Italia, granițele ideologice interne, impuse de partide și guverne. În consecință, rămâne legată indivizibil, în memoria colectivă, de stânga comunistă și este nelipsită la toate megaconcertele organizate în fiecare an, la Roma, de către partidele de stânga, sub numele Festa dell Unità.

În România,  cântecul este puțin cunoscut, probabil și pentru că partizanii români nu l-au putut considera un imn al rezistenței, atât timp cât ei luptau tocmai împotriva ocupației sovietice. Am încercat să găsesc vreo înregistrare a cântecului, de către un grup românesc, dar am dat doar peste o variantă manele,  la care mă așteptam cel mai puțin, cântată dis de dimineață, la o cunoscută televiziune.

Poate o să vă întrebați de ce am decis să scriu, totuși,  despre un cântec, aproape necunoscut la noi și a cărui istorie, probabil, nu-i interesează pe mulți. Recunosc că m-a inspirat tocmai Tsipras,  pentru că m-am emoționat ascultând-ul intonat la Atena, la mitingul său electoral,  de către milioane de greci disperați și, totodată,  plini de speranță. M-a emoționat ascultându-l interpretat de către un actor francez, în timpul funeraliilor private ale uneia dintre victimele de la Hebdo. Nu poți rămâne indiferent atunci când îl auzi răsunând în piețele fierbinți din lume,  acolo unde oamenii ies,  încă,  în stradă să protesteze pentru valori ca libertatea de exprimare, împotriva celor mai cinice și violente forme de opresiune și aleg să intoneze un cântec epic și eroic,  fără vârstă și fără culoare politică: Bella ciao.

 




Despre cărți, copii și voluntariat

De câteva luni,  sunt voluntară la o asociație națională,  care se numește Nati per leggere (Născuți pentru a citi). Nu am stat nicio clipă pe gânduri, atunci când mi s-a propus să fac parte din echipa de cititori voluntari, pentru că m-a entuziasmat ideea de a le citi povești copiilor, în biblioteca pe care am amenajat-o în orașul nostru (unde are loc întâlnirea săptămânală),  în  sălile de așteptare din cabinetele de pediatrie, în școli sau în spitale. Sunt convinsă,  și nu mă bazez doar pe intuiție, ci pe studii realizate de către pediatri și psihologi infantili, că, un copil care iubește cărțile,  va deveni un adult fericit care va iubi lumea. Un copil care crește,  privind mai mult o bibliotecă decât un ecran,  nu va fi, nicidecum,  un om mare,  care va privi în jur, distrat și nepăsător, indiferent la întrebări și surd la răspunsuri. Când un copil crește citind sau ascultând povești, va înțelege, atunci când va fi mare,  că,  fiecare carte “devorată”,  a fost ca o expediție unică, spre cucerirea “Everestului” său interior.

În alt fel de termeni, de specialitate, echipe de pediatri și psihologii au demonstrat că lectura cu voce tare e la fel de importantă ca lectura interioară, numit și endofazică, iar beneficiile ei sunt atât de evidente, încât încurajarea citirii a devenit o parte esențială a îngrijirii unui copil.natiper

Un copil care aude puține cuvinte,  în primele luni de viață,  va ști puține cuvinte,  la 3 ani. Dimpotrivă, copiii care sunt obișnuiți, chiar dacă foarte mici, să asculte povești, vor avea o proprietate a limbajului mult mai dezvoltată, dar și o capacitate de concentrare mult mai mare. În plus, lectura cu voce tare nu are efecte doar la nivel cognitiv, dar și afectiv. Timpul petrecut împreună cu părinții, citind, devine o placere, iar copiii ajung să asocieze cărțile cu bucuria. Mai mult, cărțile îi vor ajuta să-și controleze sau să-și exprime emoțiile, negative sau pozitive. De asemenea, probabilitatea ca aceștia să devină cititori pasionați la maturitate crește semnificativ în acest mod.

Născuți pentru a citi este o inițiativă pedagogică și culturală, non profit, care s-a născut,  în Italia, în 1999, după modelul american Born to read,  din colaborarea dintre Asociația Italiană a Bibliotecilor, Asociația Culturală a Pediatrilor și Centrul pentru sănătatea copilului. Scopul principal este acela al promovării lecturii cu voce tare,  în rândul copiilor cu vârste cuprinse între 6 luni și 6 ani. Studiile au demonstrat că este important să “intervii” asupra dezvoltării intelectuale a copilului,  încă din primele luni de viață, pentru că,  ceea ce se face după 6 ani,  devine un proces mai lent, anevoios și nu are, întotdeauna,  beneficiile dorite. Rolul  voluntarelor nu este doar acela de a citi, cu voce tare, copiilor, dar mai ales de a explica părinților importanța unui ritual , ca cel al lecturii, de a-i asigura că este absolut normal ca un copil,  la 9 luni , să “citească” o carte, gustând-o, spre exemplu,  sau ca la 3 ani, după 10 minute de lectură, un copil să se ridice și să ia de pe raft o altă carte, care îl atrage mai mult.

nati2Aștept cu nerăbdare vinerea după-amiază, când are loc întâlnirea noastră săptămânală la Biblioteca Nati per leggere. Părinții,  împreună cu copiii,  se așază pe pernele moi și comode, răspândite printre rafturi, copiii își aleg cărțile preferate pe care, la început, le vor citi mămicile sau tăticii, și se lasă purtați într-un alt univers, imaginar, în care se simt invincibili, siguri, protejați de vocea mamei și de puterea fanteziei.

Apoi, e rândul voluntarelor să citească, cu voce tare, în mod expresiv și cu intonație. Îmi place să văd în fața mea copii curioși, întrebători, sclipitori, cu priviri frenetice și mirate, în fața unei cărți noi, nerăbdători să descopere o poveste,  ca și cum ar descoperi misterul universului! Fiecare are cartea lui preferată, are o poveste,  pe care vrea s-o audă la nesfârșit, are perna lui preferată, colțul lui preferat, are un prieten de joacă,  cu care împărtășește, înati per leggeren cele câteva ore petrecute în bibliotecă,  un alt fel de joc, cel al cuvintelor, inepuizabil și niciodată plictisitor. Copiii vin cu plăcere și nu mai vor să plece. Unii spun că nu vor să lase singure cărțile …

Atunci când mergem în sălile de așteptare ale cabinetelor de pediatrie, unde am amenajat mici biblioteci ambulante, copiii sunt atât de curioși să ne asculte poveștile, încât uită de febră, iar părinții uită de nopțile nedormite. Sinceră să fiu, cred că ne așteaptă mai mult părinții, care pot să se relaxeze, atât timp cât copiii sunt ocupați să descopere ce năzbâtii au mai făcut personajele lor preferate din cărțile “călătoare”.

De fiecare dată când o mamă mă întreabă de ce am ales un astfel de voluntariat, îi răspund povestindu-i experiența mea personală, ca mamă. Băiatul meu are aproape 11 ani și îi citesc încă seara, înainte de a adormi. E modul nostru ritualic de a ne spune noapte bună. Când era mic, o poveste devenea nesfârșită, pentru că punea mii de întrebări și inventa mii de finaluri, cu o imaginație inepuizabilă, aceeași cu care inventează și acum,  atunci când, vinerea, vine cu mine la bibliotecă, devine și el voluntar și citește copiilor mici povești, mereu aceleași, dar mereu altele.

Un mare scriitor, pedagog și jurnalist italian, Gianni Rodari, a scris,  acum 50 de ani,  un decalog adresat părinților, despre greșelile pe care aceștia le fac frecvent și care nu fac altceva decât să-i îndepărteze pe copii de cărți. Una dintre ele este aceea de a refuza să-i citești copilului povești,  atunci când ți-o cere, pentru că e considerat un drept dobândit la naștere. Nu e, oare, născut pentru a citi?




Figli di un decreto minore

E’ difficile da accettare, ma, probabilmente, sono venuta al mondo per… decreto! Sembra assurdo, ma in Romania un tempo si nasceva non solo per amore o per caso, ma anche per il decreto 770!

Alla fine del 1966, il regime comunista di Nicolae Ceaușescu decise di vietare gli aborti e la contraccezione, non certo per motivi religiosi o umanitari -impensabili in un regime totalitario- ma con l’unico nazionalistico scopo di incrementare la popolazione.

Nella pratica, fu solo un crudele e cinico esperimento sociale, disumano, che durò ben 23 anni!

Da un lato si mettevano al bando preservativi e altri metodi contraccettivi, venduti solo al mercato nero a prezzi proibitivi per la maggior parte dei romeni (i preservativi portati dalla vicina Ungheria, liberale e libertina, erano i più contesi); dall’altro vigeva il divieto assoluto di aborto. L’educazione sessuale era inesistente e i libri sulla riproduzione e la contraccezione erano considerati “segreti di Stato“, fruibili solo nell’ambito della formazione medica.

decreteiPiù in dettaglio fu vietato l’aborto a tutte le donne al di sotto dei 40 anni (il limite di età fu esteso ai 45 anni, nel 1972), alle donne che avevano meno di 4 figli (limite portato a 5 nel 1972), a quelle la cui gravidanza non era causa di pericolo di vita, a donne la cui gravidanza non era provocata da incesto o stupro.

I trasgressori del decreto venivano puniti con la prigione.

il più grande boom demografico di tutti i tempi

Il risultato di tutto ciò fu il più grande boom demografico romeno di tutti i tempi, tra il 1967 e il 1968, con un incremento percentuale di nascite superiore al 100%.
Con il decreto 770 vennero al mondo ol4 settimane 3 mesi 2 giornitre 2 milioni di bambini, un vero e proprio esercito di figli del partito e non sempre dell’amore, per i quali lo stato ha dovuto costruire in fretta asili, scuole, ospedali, ma anche orfanotrofi. Gli effetti collaterali di questa politica della pazzia furono infatti gli oltre 170.000 bambini abbandonati, un’enorme eredità di Ceaușescu, fonte di un vero e proprio caso umanitario mondiale con cui la Romania continuò a dover fare i conti per molti anni dopo la sua morte (vi ricordate lo sdegno provocato dalle colonie di bambini che vivevano nella fogne di Bucarest negli anni ’90? Le associazioni umanitarie, anche italiane, che tentavano di salvarli? Le adozioni internazionali legali e paralegali dei bambini romeni?).

Il loro numero sarebbe stato molto più grande se non ci fossero stati ben 4 milioni di aborti clandestini. Come è facile immaginare, in una Romania comunista dove le donne lavoravano quanto gli uomini, i sindacati erano inesistenti, la povertà era spesso la normalità, l’aborto di donne che non potevano permettersi un figlio era all’ordine del giorno.
Ma è bene conoscere le regole di questo gioco al massacro. Se una donna si recava in ospedale per cercare aiuto dopo le complicanze di un aborto illegale, NON veniva curata fino a quando non avesse denunciato la persona che aveva eseguito il raschiamento. Spesso questo significava denunciare un’amica, una sorella, una madre.
Per paura di questa sadica situazione, la scelta tra la propria vita e quella di un altro, molte donne non chiedevano assistenza medica, almeno fino a che non era strettamente necessario, e, spesso, lo strettamente necessario significava la propria morte! Si stima che più di 11 mila donne morirono per le conseguenze degli aborti illegali.

orfaniSi pensi che il loro numero supera quello delle vittime delle persecuzioni politiche degli anni della dittatura, ma di queste donne, dopo il 1989, si è parlato poco, pochissimo, non solo perché queste morti bianche non hanno mai avuto un registro e un conteggio preciso, ma anche e soprattutto perché ogni famiglia, ogni donna che ha vissuto sulla propria pelle gli effetti di questo decreto ha fatto in modo di rimuoverne il ricordo. Una spietata e rara testimonianza è il film “4 mesi, 3 settimane e 2 giorni” del regista rumeno Cristian Mungiu, Palma d’oro a Cannes nel 2007.

la polizia mestruale

femei la doctorNessuna donna vuole ricordare le file davanti agli studi ginecologici, quando le donne, sotto i 40 anni, venivano prelevate dal loro posto di lavoro ogni mese e sottoposte a esami medici obbligatori per determinare prima possibile se erano in stato di gravidanza.
A nessuna fa piacere ricordare che la loro fertilità era continuamente monitorata dai fin troppo zelanti funzionari statali che, oltre agli esami medici, conducevano dei veri e propri interrogatori sul perché non procreavano abbastanza. Questi esami ginecologici venivano spesso effettuati in presenza della cosiddetta “polizia mestruale” (ebbene si, abbiamo avuto anche quella!), come la soprannominavano i rumeni, che sottoponevano le donne ad una periodica violenza istituzionalizzata.
Nessuna vuole ricordare l’abbandono di un figlio, la denuncia di un parente, la morte di un’amica, sul tavolo della cucina, dopo un aborto fallito…

i tempi dell’Amore senza sesso

Nemmeno io vorrei poter ricordare quel giorno di autunno del 1985, in terza liceo, quando insieme a tutte le ragazze delle 10 sezioni della mia scuola, fui portata alla mia prima visita ginecologica obbligatoria, in seguito al tentativo di aborto di un’amica, arrivata in ospedale in fin di vita. Eravamo in fila in un silenzio surreale, abbandonate ai nostri pensieri confusi, riflettendo sulle conseguenze dell’amore.

Stavamo per diventare donne in un mondo in cui nessuno ci aveva detto dove collocare questo Amore, tra la paura, il dubbio, il divieto, il vincolo in cui era imprigionato il sesso.

Un mondo in cui fare l’amore era stato cancellato dal lessico comune. Infatti, noi, quelli nati nei primi anni dopo il decreto, non siamo stati mai chiamati figli dell’amore ma, ironicamente, decreței, ossia figli del decreto. Mia sorella, nata per amore nel 1964, non perdeva occasione, durante i nostri litigi infantili, di ricordarmi che io ero una di quelle.

Quando giocavamo giù al parco, noi, i figli del decreto, eravamo spesso i più arrabbiati verso il mondo e verso i nostri fratelli più grandi e desiderati.
Noi eravamo i figli con la chiave al collo… no non è una metafora, avevamo davvero la chiave di casa appesa al collo quando uscivamo per andare a scuola. Soli all’andata, soli al ritorno. Nati già grandi per necessità familiare e di partito, autonomi, responsabili, disciplinati, perseveranti, combattivi.

2 milioni di bambini di troppo!

bambina con la chiave al colloGli stessi che poi a vent’anni facemmo la rivoluzione del 1989, che portò alla caduta del regime comunista. La nostra vendetta contro il governo che ci aveva decretati!

Qualche tempo fa ho letto uno studio, sul Sole 24 Ore, in cui la psicologa Margherita Carotenuto sosteneva che “la violenza genetica dei decreței è la causa principale dei reati compiuti dai romeni in Italia.”  Secondo lei, è impossibile cancellare l’infanzia!

Non so se il decreto 770 abbia davvero portato al mondo una generazione di figli indesiderati,  non so se molti di loro, da grandi, siano diventati violenti,  frustrati e infelici. So però che il pensiero di non essere (solo) figli dell’amore, di essere nati per dovere patriottico, di essere diventati, inconsapevolmente,  i protagonisti di una pagina importante della storia del nostro paese, il pensiero che forse non siamo stati dei bambini desiderati, ma piuttosto obbligati o meglio, obbligatori… credetemi, questo ci ha tanto tormentati e spesso ci tormenta ancora.

Post Scriptum
Mia madre quando ha saputo che stavo scrivendo questo articolo mi ha ulteriormente rassicurata sul fatto che sono assolutamente figlia dell’Amore!!!