Badanti, escort e trafficanti… i rumeni nei film italiani
Papa’ sei l’unico italiano che è riuscito a farsi lasciare da una rumena! Una semplice battuta di un film recente (ndr Piuma) ha scatenato in mio figlio dodicenne tante domande alle quali non ero preparata. Che c’entrano le rumene? Non ho capito, una rumena non può lasciare? Non ti sembra razzista? Non puoi ammettere davanti a lui che il senso, se non razzista, è quantomeno offensivo, con quell’intonazione che accentua il valore peggiorativo della frase. Tutti i principi educativi con i quali hai cresciuto tuo figlio nato in Italia, da un papà italiano e una mamma rumena, nel segno della diversità che arricchisce una società e del multiculturalismo che spalanca le menti non possono crollare miseramente davanti alla battuta di un film!
Ma poi te ne vengono in mente tante altre, che ti hanno infastidito lasciandoti perplessa, e inizi a chiederti se i pregiudizi e i luoghi comuni sui rumeni, che hanno riempito per anni le pagine dei giornali, non si siano semplicemente trasferiti nel cinema, cambiando appena linguaggio o registro e non la sostanza? Avete notato che i rumeni e le rumene non non sono più protagonisti della cronaca nera come una volta? Ciononostante mantengono le connotazioni negative restando bersaglio di battute poco lusinghiere nel cinema di oggi.
Perché in un film come Il nome del figlio, di Francesca Archibugi, con uno sceneggiatore come Francesco Piccolo, che ha firmato tante belle sceneggiature per Nanni Moretti o Paolo Virzì, ti imbatti in una frase come quella di Simona (interpretata da Micaela Ramazzotti): ” Oh Dio, come mi sono truccata, con questo verde, come una rumena!”?
A volte metto anche io un filo di verde, anche perché ho i capelli rossi e pare che non ci stia male… ma dopo aver visto il film ci penso due volte prima di truccarmi. Non vorrei sembrare una…”rumena”!
Sembrare una rumena... Ho sentito spesso qualcuno dire che non sembravo una rumena, con la convinzione di avermi fatto un complimento. Una volta mi hanno chiesto come mai avevo la pelle chiara se ero rumena? Rom, rumeni, Romania… c’è ancora una grande confusione su questi termini troppo simili, ma che indicano realtà storiche ed etniche così diverse e così lontane. Ne ho sentite tante di battute sui rumeni e sulle rumene che potrei scrivere la sceneggiatura di un intero film! Maledetti luoghi comuni in cui cadiamo tutti noi, frettolosi nel giudicare e così indifferenti nel pregiudicare un’intera comunità.
Le donne rumene nei film italiani, ad esempio, meritano un po’ di attenzione. Quasi sempre badanti o prostitute-escort e molto spesso dotate di una marcia in più sul piano amoroso.
Nel film Amici come noi, di Enrico Lando, con la coppia comica Pio e Amedeo, c’è una giovane badante rumena che accompagna la sua “vecchia” a scegliere la bara e cede al fascino “internazionale” di Amedeo. Conquistato dalla rumena, Amedeo spiega all’amico che, nell’amore, “non c’è niente da fare, le rumene sono un passo avanti”.
Anche Dorina, il personaggio del film di Carlo Vanzina, La vita è una cosa meravigliosa, una ragazza rumena fidanzata con un poliziotto (interpretato da Enrico Brignano). Mentre questo fa delle intercettazioni telefoniche per un’indagine scopre che la sua donna è in realtà una escort di lusso. Uscita allo scoperto, lei si giustifica dicendo che deve mandare soldi in Romania perché vuole aprire una pompa di benzina. Qui viene sfruttato anche l’inevitabile doppio senso sessuale, creato intorno alla parola pompa.
E’ sempre rumena la badante Niculina, nome d’arte Bogdana, nel film Pazze di me, del 2012, di Fausto Brizzi. Distratta, comoda, superficiale e grande amante del caffè italiano, ha un’unica preoccupazione, che “la vecchia” morirà e lei perderà il lavoro.
In una delle scene iniziali del film di Carlo Verdone, Sotto una buona stella, Paola Cortellesi interpreta una finta operaia rumena che fa lavori di ristrutturazione in casa ad orari improbabili, confondendo il fuso l’orario di Roma con quello di Bucarest. Nello stesso film, la stessa Cortellesi interpreta in un’altra scena la finta badante rumena di Verdone.
Nel film di Giuseppe Piccioni, Il rosso e il blu, con Riccardo Scamarcio e Margherita Buy, sugli adolescenti e le loro problematiche, c’è Adam, figlio di rumeni, un ragazzo molto ambizioso, studioso, serio e con genitori che cercano in lui una specie di riscatto morale. Troppo atipico forse! Così lo sceneggiatore decide di far piombare il bravo scolaro nuovamente nello stereotipo, rendendolo protagonista di una scena di delinquenza, in cui non esita a rubare una pistola e a tentare una rapina, per amore di una ragazza ribelle e spericolata che lo porta sulla cattiva strada.
Razza bastarda è un film di Alessandro Gassman, nel quale egli stesso interpreta Roman, uno spacciatore rumeno, che vive alla periferia della società, ma prova ad assicurare un futuro diverso a suo figlio, Nicu. La trama gira intorno al rapporto esplosivo tra padre e figlio, i personaggi, spesso trafficanti, criminali e prostitute, tutti rumeni, parlano un misto di rumeno, romano e romanes, l’atmosfera è cupa, dominata da aggressività estrema, degrado morale e violenza. “Ho deciso di raccontare storie di persone che sbagliano, molto, moltissimo, potevo anche farli sbagliare meno ma non era quello che m’interessava, volevo che fosse un film duro, come i luoghi che ho raccontato”, dice Gassman. Che i suoi personaggi “sbagliati” siano rumeni e non albanesi, polacchi o francesi, è solo un puro caso.
Come sarà un caso anche il fatto di non ritrovare mai in un film italiano di oggi qualche rumeno medico, ricercatore, insegnante, o musicista. Sui musicisti mi correggo, qualche virtuoso artista rom/rumeno che si esibisce per le strade c’è sempre!
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