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I maccheroni dell’infanzia

Quando ero piccola, mia nonna cucinava spesso maccheroni, con formaggio di pecora, con pangrattato e zucchero, con noci e con marmellata di prugne. Mi ricordo che le bolliva molto, perché mio nonno li preferiva così e anche perché non esisteva ancora il concetto di pasta “al dente”. E’ inutile dire che per un italiano è un vero sacrilegio la pasta con la marmellata, come il ketchup sulla pizza, un vero orrore culinario. Ah, mi ero dimenticata proprio quello che mi piaceva di più: spaghettini al latte e vaniglia. Gli italiani hanno dimenticato che all’inizio, intorno al 1270, la pasta si cucinava con ingredienti dolci, come miele, zucchero e cannella, prima che fosse scoperto l’ingrediente principale per la pasta, il pomodoro. Dal punto di vista storico, la pasta con pangrattato e zucchero, per esempio, non è proprio un orrore culinario.

Domenica si mangiava brodo di pollo con spaghettini sottili, chiamati “tăieței”. Era un piatto indispensabile non solo la domenica ma anche ai matrimoni del paese. Mia nonna li faceva a mano, con tanta attenzione agli ingredienti e, siccome metteva le uova dalle nostre galline, la pasta veniva di un giallo intenso. La stendeva sul tavolo e poi tagliava con un coltello gli spaghettini, alcuni era più sottili, altri più grossi, erano imperfetti, ma erano fatti con le nostre mani e proprio per questo ci sembravano deliziosi. Dopo anni, mia mamma ricevette da una sua amica dalla Germania dell’ Ovest (c’era ancora il Muro di Berlino all’epoca) una macchinetta per preparare gli spaghettini, aveva più opzioni, potevi farli in vari forme, ma questo non cambiava nulla, perché sempre con brodo di pollo  o con pangrattato e noci li mangiavamo la domenica.
Gli italiani li avrebbero chiamati in vari modi: spaghetti, bucatini, vermicelli, linguine e li avrebbero cucinati in mille altri.
Noi preferivamo sempre le stesse ricette veloci, che saziavano e si potevano mangiare anche fredde. Ancora oggi, quando vado in Romania, mia mamma mi cucina pasta con pangrattato e zucchero, ammetto che mi piace perché ha l’aroma dolce e nostalgica dell’infanzia.




Robert Dancs, il piccolo rumeno diventato un fenomeno in Italia

Checco-Zalone-Miriam-Dalmazio-Robert-Dancs
Checco Zalone, Miriam Dalmazio e Robert Dancs

Sono stata da poco in Romania. Sono uscita spesso con gli amici e, inevitabilmente, abbiamo parlato dell’immagine negativa che (ancora) hanno i rumeni in Italia. Non so più che cosa aggiungere, in tutti questi anni ho esaurito gli argomenti e le argomentazioni. Ho sentito tante opinioni, dibattiti sterili anche ad alto livello che veramente non avevo più troppe cose da dire. Così ho chiesto se avevano sentito di Robert Dancs, il piccolo rumeno diventato un fenomeno in Italia. Nessuno ne sapeva niente e allora ho spiegato chi è questo bambino che ha fatto un film in Italia di grande successo.
Ha 11 anni, è nato in Italia da genitori rumeni (di Borșa, Maramureș, al nord della Romania, dove passa anche le vacanze) e in Italia è diventato famoso dopo aver girato un film con uno dei più grandi attori comici di oggi, Checco Zalone.  Si tratta di “Sole a catinelle”, il film di Gennaro Nunziante.
Robert è stato scelto tra 80 ragazzi che si sono presentati ai provini. Ha vinto  per la sua naturalezza, gentilezza, buon senso ed educazione. Queste sono state le parole di Zalone in tutte le interviste che ha rilasciato dopo l’uscita sul grande schermo.
Il Film ha avuto grande successo soprattutto grazie all’attore protagonista, Checco Zalone, ormai garanzia di successo. Basti solo considerare che uno dei suoi film, “Che bella giornata” ha incassato più de “La vita è bella” di Roberto Benigni!
Invitato in tutte le trasmissioni tv dopo l’uscita del film, Checco ha detto che il film ha avuto successo anche grazie al piccolo Robert e perciò si sente spesso in dovere di “ringraziare Dio e la Romania” concludendo i suoi interventi  con un “Viva la Romania”.
Lo ammetto, mi è piaciuto sentire queste parole e volevo condividere con i miei amici rumeni queste (purtroppo rare) emozioni.