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Al bar col morto

Immaginate un bar dove al posto delle sedie e dei tavolini ci sono delle bare vere, in vari colori o tipologie di legno, con decorazioni fantasiose; alcune sono appoggiate ai muri, in bella mostra, altre a terra, chiuse o aperte. Sulle pareti di un azzurro acceso, tante corone funebri artificiali e composizioni che farebbero invidia ai maestri del kitsch. Sul bancone bottiglie, bicchieri e qualche lumino.  I clienti entrano indisturbati dall’atmosfera funesta,  si siedono sulle bare dotate di cuscini (ovviamente funebri) e addobbate con dei centrini ricamati bianchi, ordinano un bicchiere di grappa o di vodka e si mettono a giocare a carte.betivi

Non è la scena di un film di Emir Kusturica come potrebbe sembrare dall’atmosfera surreale descritta. Il bar è realmente esistito fino a poco tempo fa e aveva anche un nome: “Ai tre abeti”. Adesso sono rimaste solo le pompe funebri con bancone a vista.

titulescuPer quasi 20 anni, nella mia città, Bistrița, nel cuore della Transilvania, sulla strada che porta il nome di un grande politico e storico rumeno del XX secolo (Nicolae Titulescu),  in questo insolito bar si sono fermati per una sosta altamente inebriante la maggior parte degli alcolizzati della zona. Li guardavo camminare irrigiditi dall’alcol e annebbiati dal fumo,  come delle bambole rotte, con arti difettosi e denti mancanti. Alcuni di loro passavano direttamente alla miglior vita dentro il bar, non prima di aver fatto,  scherzosamente,  ripetute prove per l’ultimo viaggio,  stendendosi nella bara scelta e alzando il bicchiere alla propria salute insieme ai commensali divertiti.

Piscriuassando davanti mi imbattevo a volte in qualche troupe televisiva, incuriosita dalla fama ormai internazionale di questo posto. Per molto tempo, i più attratti dall’atmosfera lugubre del bar sono stati gli inglesi. Tutta colpa di Bram Stoker!  Faccio una premessa: la città Bistrița compare nei primi paragrafi del libro Dracula, nella descrizione del viaggio in Transilvania del giovane avocato Jonathan Harker: “Comunque ho constatato che Bistrița, la città di guarnigione indicata dal Conte Dracula, è piuttosto nota.  A quanto ho letto, non v’è superstizione al mondo che non si annidi nel ferro di cavallo dei Carpazi, quasi fosse il centro di una sorta di vortice dell’immaginazione; se così fosse, il mio soggiorno può rivelarsi molto interessante”.

Ecco perché gli inglesi furono i primi a scoprire le potenzialità macabre di questo bar, collegandolo ovviamente alla figura affascinante e misteriosa del conte Dracula e includendolo in un tour vampiresco che prevedeva la sosta al bar, prima di salire verso il Castello descritto nel libro di Stoker. dracula

Il “bar delle bare” rispecchia,  anche se in modo grottesco,  la visione che i rumeni hanno sulla morte. I loro antenati, i daci, ballavano e cantavano quando moriva qualcuno e piangevano quando nasceva un bambino. Con una simile visione si spiega anche l’esistenza di un cimitero che esprime in modo assoluto il concetto del ridere in faccia alla morte per esorcizzarla. Si tratta del Cimitero allegro (Cimitirul vesel) di Săpânța, unico alcimitero allegro mondo e patrimonio Unesco.

Qui i defunti si raccontano in prima persona e al presente con barzellette, frasi divertenti e anche intere poesie comiche. Alcune lapidi antiche sono veri e propri libri, che svelano molti dettagli sull’identità del defunto. Una specie di Spoon River transilvana. La verità viene narrata in modo semplice, naif, poco solenne e molto personale. Ci sono quelli bravi, stimati e rispettati, quelli che vengono ricordati  per il bestiame, per la propria casa e per i prati, altri per la causa della loro morte: malattia,  incidente o guerra. Poi ci sono i morti con i difetti messi in luce con umorismo bonario che incuriosisce e fa ridere. L’epigrafe più nota, riprodotta anche sui souvenir, è ad esempio quella di Dumitru Holdis: «La grappa è un veleno puro / che porta pianto e tormento. / Anche a me li ha portati. / La morte mi ha messo sotto i piedi. /Coloro che amano la buona grappa / come me patiranno /perché io la grappa ho amato / con lei in mano sono morto».

In realtà, in tutta la Romania i cimiteri diventano “allegri”, in modo paradossale, proprio per la Festa dei Morti,  il 1 Novembre. Le tombe si animano, trasformandosi all’occorrenza in tavole da pranzo o banconi da bar (proprio come nel bar di Bistrita!), imbanditi con tovaglie colorate stese sulle placche di cemento freddo, dove si posano piatti con dolcetti,  bottiglie di vino o grappa e bicchieri. E’ come una sorta di mercato rionale, ognuno invita gli altri a fermarsi davanti alle tombe della propria famiglia, per bere un bicchiere o mangiare un dolce, per l’anima dei defunti. C’è un via vai di gente che si safestaluta e si abbraccia, racconta aneddoti su qualche amico o parente scomparso. Tutto il cimitero si trasforma in un luogo di un’allegra festa conviviale in cui l’elemento predominante è incredibilmente la Vita.  Il popa passa tra le tombe e celebra brevi messe per ricordare quelli che non ci sono più tra di noi.  I bambini corrono allegri giocando a nascondino, dietro le croci di pietra, rafforzando ancora di più l’idea che quella giornata è la festa della vita e della luce. Infatti le candele rimangono accese tutto il giorno e al calar della notte il cimitero si trasforma in uno spettacolo magico di sconfinate luminarie che animano la notte fino all’alba. Nessuna croce rimane al buio perché, nella credenza popolare,  la luce delle candele deve accompagnare le anime scese tra noi a ritrovare la strada di ritorno nell’aldilà.

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Una cascata fiabesca e un amore maledetto

Una cascata fiabesca e la sua leggenda struggente che racconta un amore maledetto: la Transilvania è anche questo e non è un caso che la cascata più bella del mondo (secondo The World Geography) si trovi proprio qui, in questa terra magica e misteriosa.

Se Shakespeare avesse sentito la leggenda della Cascata Bigar avrebbe scritto sicuramentecascata una tragedia e la gente di tutto il mondo sarebbe corso a farsi una foto non su un balcone ma sotto una cascata, così incredibilmente perfetta da sembrare disegnata o creata artificialmente. In un angolo di foresta incantata, nella “terra oltre la foresta” (il significato della parola Transilvania) la natura ha creato uno spettacolo unico, con una rupe coperta di muschio e una sorgente di acqua sotterranea che sgorga scivolando dolcemente giù dalle rocce arrotondate.

La Cascatbigar4a Bigar è stata collocata al primo posto tra le bellezze naturali mondiali da visitare, nella classifica „Otto cascate uniche al mondo”, prima della Cascata la Fiamma Eterna degli Stati Uniti, la Asik-Asik delle Filippine, la Cascata Orizcascata 3zontale dell’Australia e quella del Sangue, nell’Antartide.

Situata in una zona splendida, facilmente accessibile, con una collocazione inedita, esattamente a metà distanza tra l’Equatore e il Polo Nord sul Parallelo 45, la Cascata Bigar è una delle principali attrazioni turistiche della Transilvania. Ci troviamo nella provincia di Caraș Severin, sui monti Anina, in una zona carsica dominata dalla presenza di rocce calcaree: l’acqua, che sorge da 200 metri altitudine,  filtra al loro interno, creando fiumi ipogei per gettarsi poi nel fiume Miniș, con un luccichio brillante, dalla roccia coperta di muschio.

“A volte, vediamo unabigar 45 foto con un paesaggio naturale che sembra irreale. Come nel caso della sorgente Bigar che sembra avulsa dalla fiaba… E’ un luogo magico”, scriveva la pubblicazione americana Huffington Post. In più,  la caduta di acqua è stata rassomigliata con una scena del film Disney “La Sirenetta”.

Lbigar5a leggenda che narra la nascita di questo luogo incantato ha ben poco a che vedere con una fiaba. Una donna che non riusciva ad avere figli sognò una notte una maga che viveva nel Tărâmul Regăsirii Dorului ( ndr: la parola dor, difficile da tradurre, come il portoghese saudade,  è una specie di malinconia, nostalgia, Regno della Malinconia Ritrovata) e che la mandò alla sorgente miracolosa sotto la rupe dei due mondi.  “Se bevi quest’acqua, avrai presto una bambina a cui, però sarà proibito innamorarsi, se lo farà, morirà”, avvertì la maga. La donna andò alla sorgente e dopo qualche tempo diede vita ad una bambina di una bellezza unica che diventò una splendida ragazza. All’oscuro del sortilegio della maga, si innamorò di un ragazzo di nome Bigar.  Quando il padre venne a saperlo, la rinchiuse in una grotta. La maga, sentendo i suoi lamenti disperati per l’amore perduto, decise di aiutarla: le disse che avrebbe trasformato i suoi lunghi capelli in una cascata che si sarebbe riempita con le sue lacrime. Attirato dal rumore dell’acqua il ragazzo avrebbe sentito il suo richiamo e l’avrebbe trovata. “Lui morirbigar invernoà annegato nelle tue lacrime e così vi incontrerete nel Regno della Malinconia Ritrovata, l’unico luogo dove potrete vivere il vostro amore e dove il sortilegio finisce“, concluse la maga.

La leggenda racconta che Bigar raggiunse la cascata, sedotto dal canto struggente delle sue acque e si gettò tra le braccia della sua amata, rimanendo uniti per l’eternità.




Natale in Romania: Ignat, il rito pagano e il maiale divino

Se penso a me bambina e al Natale in Transilvania, mi assale una tempesta di ricordi indomabili.  Sono quelle sensazioni forti e contrastanti che, quando vivi lontana dalla tua terra, impari a tenere a bada perché sai che hanno la forza di farti sentire fragile e vulnerabile, in un modo spesso devastante.

Natale è il profumo inebriante di resina e bosco che avvolgeva il tepore della casa, quando portavamo l’abete appena tagliato.slitta-cavalli

La mattina della vigilia andavo con mio nonno nel bosco,  su una slitta tirata dai cavalli, che faticavano a farsi strada tra la neve che scendeva incessante. Mi affascinava guardare dietro e seguire le nostre orme sparire all’istante; mi spaventava il pensiero che avremmo potuto perdere la strada del ritorno.

Natale è anche l’odore del pane appena sfornato che lasciava nell’aria una scia fumante, nel tratto che mia nonna percorreva tra il cortile e la cucina; il profumo amaro dei semi di papavero ammorbiditi nel latte e la vaniglia, che riempivano i cozonac, i nostri dolci natalizi; l’odore penetrante della legna su cui i fiocchi di neve tracciavano i propri disegni ghiacciati, che scomparivano davanti al calore del camino.

Tra tutti i ricordi della mia infanzia c’è ne uno forte e violento, che ho chiamato il mio “silenzio degli innocenti” (dopo aver visto il film omonimo, con Jodie Foster e Anthony Hopkins).  Mi rivedo con le mani che mi coprono le orecchie mentre corrodolci-papaveri in cantina a nascondermi per non sentire tutto il trambusto che animava il cortile dei miei nonni il 20 dicembre, il giorno di Ignat, in cui, per tradizione millenaria, avveniva il sacrificio del maiale. In realtà non mi nascondevo solo per non vedere e sentire il povero animale che veniva ucciso, ma anche perché gli anziani del villaggio credevano che il maiale faceva più fatica a morire se in giro c’era qualche anima compassionevole. Rivedo il cortile grande, sommerso dalla neve insanguinata…

La tradiziomaiale-fuocone di ammazzare il maiale nella giornata di Ignat (un santo della chiesa ortodossa che si festeggia il 20 dicembre, il cui nome proviene dal latino “ignis”, fuoco) ha le sue radici nel rituale precristiano degli antichi Daci.
Nel giorno del solstizio d’inverno, sacrificavano il maiale perché simbolo della divinità delle tenebre, capace di indebolire la luce del sole nella giornata più corta dell’anno. Il sacrificio era un modo di venire in soccorso al sole.maiale

Era credenza comune che il maiale non sacrificato in questo giorno non sarebbe più ingrassato. Ignat era una sorta di ultimo giorno suino!

Non sono convinta che le motivazioni antropologiche possano aiutare a capire il significato di un rituale apparentemente barbaro in cui l’animale veniva benedetto con acqua santa, poi sgozzato davanti a tutta la famiglia, compresi i bambini, in un’atmosfera di grande festa.

Dopo aver ammazzato l’animale, lo si gira verso est coperto con della paglia e si fa un grande fuoco per eliminare il pelo. Successivamente viene lavato con acqua calda, raschiato con un coltello e infine tagliato. Prima bambini-maialeperò si fa il segno della croce sulla fronte dell’animale e si pronuncia la frase “Dio, aiutaci a mangiarlo in salute!”. Qualche volta, la pulitura è preceduta dalla tradizione di coprirlo con una coperta in modo che i bambini possano salirci sopra e saltellare perché si crede che in questo modo cresceranno belli e sani.
Forse vi starete chiedendo se anche io ci saltavo sopra oppure preferivo restare chiusa in cantina tutto il giorno… beh, a cinque anni è ragionevole supporre che volessi crescere bella e sana! In più, l’occasione di mangiare un pezzo di orecchio o di coda che i più piccoli si contendevano era un’imperdibile delizia…

Con i prodotti del maiale, le donne preparavano i cibi tradizionali per la cena di Natale: cârnați (salsiccia), caltaboși (un tipo speciale di salsiccia), jumări (ciccioli), slănină afumată (lardo affumicato). Alcune di queste specialità si affumicavano secondo metodcibi-natalizii trasmessi da una generazione all’altra.

Calata la sera, il capofamiglia imbandiva la tavola e offriva la cena chiamata pomana porcului (una specie di dono per l’anima dell’animale),  a base di carne fresca di maiale e tanta grappa bollita con pepe nero macinato. Alla cena venivano invitati non solo tutti quelli che avevano aiutato alla preparazione dei cibi,  ma anche i vicini.

Molto tardi, nella notte gelida, sentivamo i passi traballanti dei vicini che affondavano nella neve ghiacciata, sommersi dai fumi dell’alcol e del…lardo.

 




Sibiu, la città dove i tetti hanno occhi e i ponti orecchie

Pensate ad una fuga romantica in un posto innevato dove l’atmosfera è fiabesca e i gradi sotto zero risvegliano in voi il gusto dell’avventura; no, non volete scegliere uno di quei luoghi inflazionati dai “romantici seriali”, con strade troppo consumate da passi innamorati. Diciamo che avete voglia di scoprire un posto romantico e, allo stesso tempo, misterioso, dove i tetti a falde hanno occhi che ti sorridono dagli sibiu-inernoabbaini e sonnecchiano dalle soffitte, i ponti hanno orecchie e traballano al sentire di una bugia (soprattutto d’amore)… non sto delirando, seguitemi!

Ok, forse non pensavate proprio ad un posto come questo perché probabilmente non sapete nemmeno della sua esistenza. Si chiama Sibiu, si trova nella terra al di là della foresta,  la Tran-silvania, e il quotidiano britannico The Guardian, l’ha scelta tra le dieci città europee più adatte per una fuga romantica invernale.

Altro che vampiri, lupi mannari e castelli tenebrosi! La Transilvania è molto di più, è ricca di storia e cultura,  di castelli medievali, poderose chiese fortificate, città di mercanti, edifici mitteleuropei, villaggi rurali che conservano ancora l’aspetto e le tradizioni dei secoli che furono. La composizione etnica della regione è ancora più complessa: due popoli “misteriosi”, i siculi ungheresi (Székely) e i sassoni tedeschi, vi hanno vissuto insieme ai rumeni, contribuendo ad arricchire il suo patrimonio culturale. Inoltre,  la comunità zingara, la più numerosa d’Europa, è perfettamente integrata nella vita del paese. E’ una Babele moderna in cui si parlano abitualmente il rumeno, l’unmercatini-natalegherese, il tedesco e il romanes.

Siamo sempre in Transilvania e non può mancare una leggenda a spiegare la colonizzazione di questa terra da parte dei sassoni.

Vi ricordate la storia del pifferaio magico di Hamelin che, per vendetta verso la città che non lo aveva pagato, dopo averla liberata dai ratti, rinchiude tutti i bambini in una grotta e li lascia morire? Nella maggior parte delle versioni non sopravvisse nessun bambino, ma varianti più recenti introducono un lieto fine in cui i bambini entrano in una caverna seguendo il pifferaio magico ed escono nella grotta di Almaș,  in Transpiazza-huetilvania. I bambini portati dal pifferaio magico sarebbero i primi sassoni arrivati in questa terra.

Sibiu, soprannominata anche la piccola Vienna,  è una delle città più rappresentative delle Transilvania, ed è proprio per questo motivo che è stata eletta, nel 2007,  capitale europea della cultura.

Questa città è stata all’avanguardia praticamente su tutto in ogni epoca. A Sibiu vennero aperti l’ospedale più antico della Romania, nel 1292, la prima scuola romena,  la prima farmacia, il primo teatro. Qui venne stampato anche il primo libro in lingua rumena e aperto il primo museo del paese, Brukenthal. Nel 1797 venne aperto a il primo laboratorio omeopatico al mondo, nel 1896 fu la prima città rumena a utilizzare l’energia elettrica; nel 1904 fu la seconda città europea ad avere una linea di tram urbani alimentati ad elettricità.

Nella storia più recente,brukenthal Sibiu ha scritto una pagina importante durante la rivoluzione anticomunista del 1989. Dopo Timisoara fu la seconda città dove la popolazione uscì per le strade a manifestare contro il regime. In quei giorni, a Sibiu, morirono 99 persone.

Quello che affascina oggi è il modo armonioso ed incantevole in cui convivono due atmosfere apparentemente discordanti, quella un po’ moderna, bohemienne degli splendidi caffè, degli edifici sbiaditi, piazza-piccola3con gli artisti di strada e gli innumerevoli festival che si susseguono per tutto l’anno (tra i più rinomati,  il Festival di Jazz e il FRINGE, il Festival di teatro, considerato a pari con quello di Edimburgo) e quella favolosamente medioevale, con gli artigiani al lavoro davanti a vecchie botteghe e infinite mura, bastioni e torri a proteggerla.
Ogni passeggiata a Sibiu inizia dal suo cuore, ossia dalla Piazza Grande, dichiarata Patrimonipiazza-grandeo Unesco. La piazza è delimitata da un complesso colorato di case barocche, come la Casa Blu,  o rinascimentali, come la Casa Haller, con elementi gotici e facciata ornata da leoni.  L’attrazione turistica più importante è il Palazzo-Museo Brukhental, uno dei più importanti edifici barocchi della Romania, ispirato ai palazzi viennesi. E’ stato costruito nel XVIII secolo, dal barone Samuel von Brukenthal, dopo essere diventato il governatore della Transilvania,  come residenza ufficiale e per ospitare la sua vasta collezione d’arte. tetti

Gli edifici che si affacciano sulla piazza hanno una caratteristica singolare: si tratta dei famosi tetti con delle particolari fessure che sembrano occhi che osservano, curiosi, maliziosi e a volte inquietanti. Se volete sfuggire agli sguardi indiscreti dei tetti potete salire nella Torre del Municipio, o la Torre dell’Orologio, del XIII secolo, arrampicandovi sui 141 scalini a chiocciola. La magnifica vista sulla città vi ripagherà di tutta la faticatorre-municipio

Dalla Piazza Grande, passando sotto l’arco della medievale della Torre, si sbuca nell’adiacente Piazza Piccola, invasa dalle terrazze di bar e ristoranti. La strada che da questa piazza scende verso la città bassa è dominata dal Ponte delle bugie. E’ credenza comune che la strutturaponte-delle-bugie abbia orecchie in grado di riconoscere una bugia al punto da cominciare a gemere e traballare. Si racconta che i prìncipi portavano qui le loro future spose a giurare sulla proprio illibatezza. Se il ponte traballava, il principe ingannato buttava giù la ragazza. Un’altra leggenda dice che i cadetti della vicina Accademia Militare baciavano le loro ragazze e facevano promesse spesso non mantenute, ma venivano smascherati. Qualunque sia la verità, una cosa è certa: il ponte è ancora in piedi, dal 1859,  e, nonostante il traballio, di bugie ne avrà sentite sicuramente tante!
Nbiserica-evanghelicaella bellissima Piazza Huet, interamente circondata da palazzi ed edifici dallo stile gotico, si trova la Chiesa Evangelica, del 1300, molto simile alla Chiesa di San Vito di Praga.  Tra le opere conservate al suo interno, due in particolare non possono assolutamente essere tralasciate: si tratta dello splendido crocifisso in legno, del 1445, e del più grande organo della Romania, con 10.000 canne, attualmente utilizzato per importanti concerti.
Finito il giro nella città bassa, al tramonto non perdetevi il cosiddetto “Passaggio delle Scale”, scalinatapassaggio stretta tra mura e case di pietra che collega città alta e città bassa. Con i suoi colori, i suoi archi e la sua prospettiva vi regalerà uno spettacolo unico. Arrivati nel centro storico, fermatevi in uno dei tanti locali della via pedonale Nicolae Bălcescu (tra le più antiche, è del 1492) che di giorno affascina con cortili interni, negozi, laboratori artigianali e vecchi caffè e di sera diventa il cuore pulsante della vita notturna di Sibiu.
cioranMentre assaporate i profumi e gli aromi intensi delle cucine tipiche, tedesca, ungherese e rumena (e i fumi della grappa), leggete un po’ di Emil Cioran, il grande filosofo e saggista che è nato in un paesino vicino e che diceva spesso: “In questa vita non ho amato che tre luoghi: Sibiu, Dresda e Parigi“. Chi sa a quale strada di Sibiu pensava quando scriveva: «Guardo con ineffabile nostalgia quella piccola via solitaria, dove mi piacerebbe passeggiare in questo momento! Impossibile immaginare la mia giovinezza senza di essa”?