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La Sfinge dei Monti Bucegi e il mistero dell’umanità (aliena?)

C’è una scoperta che potrebbe cambiare il destino dell’umanità, rivelando dettagli scioccanti sulla sua storia; poi c’è un governo che ha subito pressioni diplomatiche da parte degli Stati Uniti e del Vaticano al fine di non divulgare le informazioni riguardanti; c’è un dipartimento Zero dei servizi segreti che ha svolto delle ricerche approfondite, ma anche il Pentagono che ha mandato sul posto un satellite usato per spionaggio geodetico,  in una missione esplorativa. C’è il gruppo Bilderberg, una delle più grandi organizzazioni massoniche del mondo e anche l’Ordine degli Illuminati che hanno cercato di prendere il controllo sia del luogo della scoperta, che della spedizione… c’è… o forse ci sarebbe!

Non è il riassunto di un nuovo libro di Dan Brown, anche se ha tutti gli ingredienti necessari.

E’ solo il risultato di quello che si trova in rete facendo ricerche sui Monti Bucegi, un gruppo montuoso della Romania centrale, situato a sud della città di Brașov, a 2500 mt altitudine. Non è una montagna qualsiasi e lo dimostrano le centinaia di articoli pubblicati, ognuno con il suo titolo avvincente: Trovata base ET, Il segreto dei segreti, L’enigma di un’incbucegiredibile struttura dentro i monti, Le montagne misteriose che celano un segreto, Base aliena all’interno dei Monti Bucegi ecc.
Se a questo si aggiunge la presenza di una struttura rocciosa scolpita dal vento, a 2200 mt altitudine, considerata una sfinge al pari di quella di Giza – chiamata infatti la Sfinge – allora il mistero si fa inquietante.

La curva dei Monti Carpați che prende il nome Bucegi è avvolta da secoli da un’aura di singolare esoterismo, e singolari sono anche le sue “attrazioni” d’origine geologica,  Sfinxul (la Sfinge) e Babele (Le Anziane), che racchiudono una moltitudine di strani fenomeni testimoniati dagli abitanti del luogo e studiati da molti scienziati.

Si tratta di avvistamenti di esseri eterei o mitologici, spesso confusi con elementi religiosi (molte croci cristiane si trovano nei luoghi delle “apparizioni”) e sopratutto misteriose scomparse tra le nebbie di quei monti, che, negli anni ’80,  cominciarono a preoccupare le autorità. Nel 1985, si registrò un episodio che convinse il dittatore Nicolae Ceaușescu a mandare sul posto i più grandi esperti in fenomeni paranormali, appartenenti al cosiddetto Dipartimento Zesfinxul 2ro (una sorta di X-files rumeno fondato nel 1968).

Nel paese Scăieni,  un contadino che piantava un meleto, si trovò davanti un vero e proprio cimitero di giganti.
Come affondava la pala di qualche metro si trovava intralciato da resti di scheletri umanoidi che superavano i due metri e mezzo di altezza. Accanto agli scheletri completi, gli abitanti del villaggio, trovarono anche frammenti di ceramica, gioielli e strane statue metalliche alte circa 3 metri. Si narra che un team di archeologi fece scomparire tutto in fretta. Nessuna dichiarazione pubblica, solo ricordi e racconti che ancora si possono ascoltare.

I risultati delle ricerche rimasero celati tra gli archivi segreti del regime.

Negli anni ’90 cominciarono a trapelare le prime indiscrezioni, ma l’attenzione del mondo iniziò a concentrarsi su questo luogo, a partire dal 1993, quando la terra iniziò a tremare ripetutamente terrorizzando gli abitanti. L’inspiegabile peculiarità delle scosse sismiche era che si potevano avvertire in una superficie piuttosto limitata e solo tra le 20 della sera e le 3 del mattino. Chi ha sperimentato questo terremoto sui generis, sostibabeleene che si poteva avvertire l’eco di un rumore sordo risalire dal sottosuolo, come se il pavimento stesse per crollare sotto i loro piedi… come se la montagna fosse vuota al suo interno!
Ci furono oltre 100 scosse sismiche, uno sciame che sembrava inarrestabile fino all’improvvisa sparizione per i dieci anni a venire.

I geologi sotto l’impulso delle autorità romene (ossia del dipartimento zero dei servizi segreti) e soprattutto del Pentagono, presero ad analizzare la specificità di quel territorio e attraverso delle misurazioni con dei satelliti si cercò di identificare la struttura del territorio.

Si trovarono dinanzi dati inspiegabili: sembrava davvero che sotto quelle montagne la terra fosse cava, ma il nucleo più profondo di quel vuoto terrestre pareva insondabile a ogni verifica. Una sorta di barriera che respingeva ogni tentativo di analisi.tunnel_romania_bucegi
Nel 2002 il fenomeno dei terremoti riprese. I Bucegi tremarono nuovamente seguendo le stesse modalità e fasce orarie. Le autorità romene e americane ritennero che fosse giunto il momento di agire.
Nel 2003 si diede inizio a trivellazioni della montagna e dopo numerosi fallimenti un’equipe internazionale raggiunse una singolare galleria sotterranea.
Parve subito evidente a tutti che ci si trovava dinanzi ad una galleria artificiale: le pareti erano perfettamente lisce senza traccia di irregolarità naturale, l’aspetto era simile ad un tunnel della metropolitana. La squadra proseguì per il ramo del tunnel che scendeva.
A questo punto la storia già inverosimile assume tratti di pura fantascienza.
Preferisco quindi cedere la responsabilità di quello che seguirà a Radu Cinamar l’autore misterioso (visto che è un pseudonimo) di un libro esoterico, pubblicato nel 2006 e che avrebbe come principale fonte Cezar Brad, il direttore dell’altrettanto misterioso Dipartimento Zero dei servizi segreti rumeni.
Gli esploratori raggiunsero un’imponente porta che appariva di tipo scorrevole. La squadra dmappaovette però arrestarsi qualche metro prima del battente perché si vedeva distintamente una parete luminosa in cui una qualche forma di energia sbarrava ogni tipo accesso, uno scudo energetico ad elevata tensione. Coloro che tentarono, con adeguate protezioni, di oltrepassare la parete sono morti di collasso cardiaco, mentre i tentativi di far passare oltre la barriera dei materiali non organici ne produsse la semplice polverizzazione istantanea.
Incredibile ma, vero o falso che sia, c’è un caso analogo in Iraq, in un terreno con le medesime “anomalie geologiche”, un’equipe americana si trovò bloccata da una simile barriera energetica.
In Romania pare che l’epilogo fu differente poiché alcuni componenti dell’equipe dotati di una “determinata tensione energetica” che funzionava in “simpatia” con quella che vibrava nemappa2lla parete luminosa riuscirono ad oltrepassare il varco dischiudendo così la successiva porta metallica.
Oltre a questo doppio sbarramento il tunnel si modificava sviluppando una struttura più complessa, fino a portare i visitatori all’ennesima barriera energetica di un colore verde pallido che funzionava con modalità simili alla prima. Le fonti ci riferiscono che ci si trova in una grande sala artificiale dalle misure inaspettate: di una lunghezza di  100 metri e un’altezza di 30.
Nella stanza dominano alcuni tavoli dalla forma insolita e dall’altezza di due metri. Se mai un umano avesse potuto sedersi su una sedia adeguata avrebbe visto sopra delle iscrizioni che apparivano dei geroglifici in una lingua sconosciuta dalla forma cuneiforme. Gli unici simboli che gli esploratori riconobbero furono cerchi e quadrati. Appoggiando le mani su questa simbologia aliena le pareti della stanza trasmettevano una serie inaspettata di immagini olografiche. Sembravano ai presenti immagini della terra e di altri luoghi non conosciuti.mappa.3 
L’autore sostiene che, nel momento in cui il governo rumeno stava per dichiarare lo “stato di emergenza” nell’area dei Monti Bucegi, decidendo per la divulgazione ufficiale, con prove fotografiche, alti funzionari degli Stati Uniti arrivarono a Bucarest intimando allo stato rumeno di non fare pubbliche le rivelazioni sui Monti Bucegi. Dopo 24 ore di trattative, si strinse un accordo definitivo tra la Romania e gli Stati Uniti. Lo stato romeno decise di rinviare la divulgazione e di presentare le scoperte al popolo in maniera graduale.
radu cinamar
Nel 2009, un canale televisivo nazionale di notizie (Antena 1) ha avviato un’indagine sui giganti e i loro tunnel segreti sotto le montagne Bucegi. Appena il loro servizio è andato in onda, hanno ricevuto una telefonata in diretta da un uomo non identificato che minacciò di morte i giornalisti se non avessero fermato le indagini. Dalla registrazione reperibile in rete, l’uomo parla di  “un gioco pericoloso” da evitare.
Una bufala orchestrata ad arte o siamo davvero davanti ad una sorta di incidente di Roswell in Romania?



I Castelli tenebrosi dei Carpazi

Quando si parla dei Castelli della Romania il riferimento alla figura del principe Vlad, il conte Dracula, è inevitabile. La sua “presenza-assenza” conferisce ad ogni luogo la dose necessaria di mistero e ad ogni storia un suo alone tenebroso.

In realtà in Romania  non esiste un Castello di Dracula se non nella fantasia degli scrittori e dei registi che hanno trasformato il personaggio storico di Vlad Tepes nella leggenda di Dracula.

Eppure ognuno di questi luoghi è oggi il Castello di Dracula!

verne2Molto del merito va sicuramente a Bram Stoker ma ancora prima, a scoprire il fascino tenebroso della Transilvania, fu Jules Verne con il suo libro chiamato Il Castello dei Carpazi, pubblicato nel 1892che sorprese lettori e critici.  Nella cornice naturale di valli, montagne e insenature, dove le superstizioni la fanno da padrone, si staglia un Castello che incute un “terrore contagioso”. Strane presenze che con il buio, cominciano ad aleggiare fra le sue mura e nelle terre circostanti, sotto forma di voci e suoni sovrumani. Il personaggio Orfanik, uno “scienziato incompreso”, è un Dracula ante litteram con il suo volto pallido e sottile, i lunghi capelli grigiastri, lo sguardo scintillante in fondo alle orbite nere,  che coltiva illusioni maniacali e si difende dal mondo. Melodramma, esoterismo, avventura nell’avventura, soprannaturale, fantascienza, horror sono mescolati in questo libro che dà inizio ad una lunga serie appartenente al genere gotico.

Strigoi
Strigoi

Diciamo la verità, la cruenta anima dacica della Transilvania con le sue mille leggende non fa altro che alimentare questo immaginario. Una su tutte è la credenza millenaria negli strigoi, esseri apparentemente vivi ma senz’anima, i cui spiriti lasciano i loro corpi a mezzanotte e vagano per il paese, turbando il sonno delle persone e lasciandoli privi di forze al mattino. Sono i morti viventi, maledetti immortali assetati di odio e di sangue.

Leggende o verità, sta di fatto che la Transilvania dell’800 doveva incutere davvero paura se né Jules Verne né Bram Stoker ebbero il coraggio di metterci piede per verificare le loro storie!

 

Castello di Bran – il Castello di Dracula

Castello Bran
Castello Bran

Il Castello di Bran, vicino a Brașov, è identificato come “il” Castello di Dracula dalla penna autorevole di Bram Stoker, che, dalla poltrona del suo scrittoio, decise di ambientare proprio qui il suo fortunato racconto. Anche se, come già detto, lo scrittore in realtà non visitò mai la Transilvania, la immaginò e la descrisse come il posto più misterioso d’Europa!  Ma se visitate il Castello Bran alla ricerca di qualche segno di presenza vampiresca del conte Dracula, rimarrete probabilmente delusi. Le guide inizieranno la visita consigliandovi di fare la distinzione tra la realtà storica del castello e il personaggio letterario. Per quanto riguarda il principe Vlad, l’Impalatore, sembra che da queste parti ci sia stato solo di passaggio, anche se, recentemente, uno storico rumeno ha scoperto documenti dell’epoca che dimostrerebbero che, imprigionato dal re ungherese Matei Corvin,  sia stato rinchiuso nelle segrete del castello addirittura per due mesi prima di essere trasferito a Visegrad, dove rimarrà prigioniero per 12 anni.

Castello Bran
Castello Bran

Costruito nel 1377 da Luigi I D’Angiò sullo spuntone di una roccia, il Castello di Bran doveva difendere e controllare la strada commerciale che univa la provincia di Valacchia alla Transilvania. Fu anche punto doganale, poi residenza reale e ora museo di storia, luogo importante per il turismo rumeno e per i cacciatori di vampiri, con oltre mezzo milione di visitatori all’anno.

L’architettura del Castello di Bran si è evoluta nel corso dei secoli ma il fascino è prevalentemente dettato dai caratteri gotici, le scalinate strette e tortuose, i passaggi sotterranei e le torri. La fortezza è stata costruita con blocchi di pietra di fiume e di mattoni, per dare maggiore solidità e sicurezza in caso di battaglia. E’ sormontata da quattro torri nei quattro punti cardinali: la torre della polveriera, la torre di osservazione, la torre a est e la torre della porta.

Castello degli Hunyadi (Corvin) – il Castello di Dracula

Castello degli Hunyad
Castello degli Hunyad

C’è un castello tenebroso nei Carpazi che avrebbe potuto ispirare Jules Verne: si trova a Hunedoara, alle pendici dei Carpați Meridionali,  ed è considerato uno dei più misteriosi castelli dell’Europa dell’Est. Si tratta del Castello degli Hunyadi, detto anche il Castello dei Corvin, che la guida Lonely Planet descrive così: “In nessun luogo della Romania il contrasto tra passato e presente è così stridente come a Hunedoara, dove i giganteschi scheletri di acciaierie abbandonate fanno da cornice spettrale ed arrugginita a uno dei castelli più belli dell’Europa Orientale: Castello degli Hunyadi o Castello Corvino, una fortezza gotica del XIV secolo che si è conservata intatta ed è considerata una della gemme architettoniche della Transilvania“.

Stanza delle torture
Stanza delle torture

Il castello sorge imponente sul sito di un antico castrum romano, nel centro-sud della Romania, non lontano dalla Fortezza dacica di Sarmizegetusa.  Le torri di difesa, le guglie gotiche, i fossati, le mura merlate, i ponti levatoi del castello erano una novità nell’architettura militare della Transilvania del XIV-esimo secolo. L’artefice della trasformazione del castello fortificato in una sontuosa residenza signorile, fu Matei Corvin,  re d’Ungheria, alleato e poi nemico del principe Vlad della Valacchia.  Sono in molti a sostenere che il principe passò qui ben 7 anni della sua prigionia, anche se non ci sono documenti storici a dimostrarlo. Con o senza il principe Vlad rinchiuso qui, il castello è avvolto in un’atmosfera horror misteriosa e terrificante, grazie alle storie che descrivono le peggiori punizioni inflitte ai prigionieri, difficili da immaginare e ancora più difficili da raccontare. La più “leggera” racconta che dodici turchi, incarcerati nella prigione del castello, scavarono per quasi 15 anni un pozzo di 30 metri nel cortile. Lo fecero in cambio della promessa del principe Iancu de Hunedoara di liberarli. Una volta finito il lavoro, chiesero che la promessa fosse mantenuta, ma le loro speranze furono disattese e morirono decapitati.Dalle storie delle tante morti per tortura alle leggende di fantasmi il passo è breve. Nel 2007 la trasmissione televisiva americana Most Haunted Live ha fatto un’indagine durata 3 giorni per verificare la presenza di spiriti nel castello. Non vi furono risultati.

Fortezza di Poenari – il Castello di Dracula

Fortezza Poenari
Fortezza Poenari

E’ l’unica residenza reale del principe Vlad, quella che davvero possiamo chiamare il Castello di Vlad, visto che fu costruito proprio da lui. La leggenda racconta della sua edificazione in soli 3 mesi, da parte dei nobili che furono puniti per l’uccisione del padre e del fratello di Vlad e obbligati a costruire una fortezza su una rocca in mezzo al bosco. Si dice che, una volta terminati i lavori, il principe abbia obbligato i nobili a stendersi a terra e abbia percorso i 1480 gradini della scalinata camminando sui loro dorsi.


Le rovine della Fortezza di Poenari sono ancora imponenti e magnifiche. Da lassù il panorama lascia senza fiato (già a corto di ossigeno dopo tutti gli scalini!) e si rimane veramente estasiati dai Monti Carpazi che ancora ti sovrastano e dal fiume Argeș, sottostante, dove si narra si sia gettata  Elisabetta, moglie del principe Vlad, in seguito alla falsa notizia dell’uccisione di questo da parte dei turchi. E qui potrebbe iniziare un’altra storia, quella del fiume della Principessa..

Fortezza Poenari
Fortezza Poenari




Le fortezze di Sarmizegetusa, Stonehenge d’Oriente

Viene definito spesso come la Stonehenge d’Oriente, Unesco l’ha incluso nel 1999 tra i siti del suo patrimonio artistico mondiale, per la prestigiosa rivista britannica The Guardian le Fortezze Daciche di Sarmizegetusa sono il luogo più affascinante della Romania e per gli archeologi di tutto il mondo questo insediamento resta ancora avvolto nel mistero. Tentazione irresistibile per i cacciatori di tesori, portale di comunicazione con un mondo parallelo, fonte energetica in cui meditare per per gli appassionati di yoga di tutto il mondo.

yoga

Il turismo alternativo, esoterico,  è talmente diffuso che, fino a non molto tempo fa, le autorità permettevano ai gruppi di turisti permanere anche di notte nel complesso archeologico di Sarmizegetusa Regia, soprattutto nel giorno del solstizio d’estate, quando, secondo gli studiosi di esoterismo, l’area si riempirebbe di un “magnetismo” unico.

Verità storiche, scoperte archeologiche sorprendenti, storie di tesori rubati,  risonanze con la terra mitica di Shambala (in sanscrito “luogo di pace/tranquillità/felicità”, luogo ideale nella letteratura buddista per la ricerca dell’illuminazione), carica vitale eccezionale, luogo irresistibile per gli ufologi… la capitale dell’antica Dacia, Sarmizegetusa, è tutto questo, un luogo incredibile dove storia e misticismo si amalgamo in armonia da oltre 2000 mila anni fa.

daciiQuesta era la terra dei daci (conosciuti tra i greci anche come geți), il popolo misterioso e fiero, il più coraggioso e giusto della Tracia, secondo il padre della storia, Erodoto. Per Platone, invece, era il popolo che credeva nell’immortalità dell’anima, e che considerava la morte come un viaggio per ricongiungersi al suo dio,  Zalmoxis, nella consapevolezza di acquisire l’immortalità. Proprio questa convinzione ha reso l’esercito dei daci il più temuto, temerario e potente.

Non fu facile per i romani conquistare la Dacia del re Decebal, un grande stratega militare. L’imperatore Traiano ci riuscì solo nel 106 d.c,  dopo ben 5 anni di dure campagne militari, al prezzo della metà del suo esercito. Prima di lui, avevano provato a sconfiggerli anche gli imperatori Giulio Cesare e Domiziano, ma capirono presto che il popolo di Decebal era “estremamente preparato, difficile da sconfiggere e mai domo”, come storicamente tramandato. 

sarmize de susLa capitale dell’impero, Sarmizegetusa (situata nei Monti Orăștie, nel sud ovest della Romania), era una vera fortezza naturale, imprendibile, circondata da foreste impenetrabili. Eretta in cima ad una rupe alta 1200 metri, la fortezza era il centro strategico di difesa, che comprendeva sei cittadelle. Era considerata all’epoca la città fortificata più sviluppata tra i centri politici e religiosi europei dell’età preistorica, uno dei più grandi e popolati centri di tutta Europa.
Non sono in pochi a ritenere che la fortezza funzionasse anche come centro astronomico-astrologico, per il grande sole di andesite (una roccia vulcanica), posto in un disco di pietra, che si trova qui rappresentato.

cetatiNonostante una corrente storica filo-romana abbia dipinto i daci come un popolo non civilizzato e acculturato fino alla conquista di Traiano, le fortezze daciche, costruite tra i secoli I a.c. e I d.c, raccontano una storia ben diversa. I daci erano abilissimi costruttori, specializzati nella posa di acquedotti e di mura di fortificazione. La cinta muraria era formata da massicci blocchi di pietra e edificata su cinque differenti terrazzamenti. I civili vivevano intorno alla fortezza, protetti dalle montagne, in terrazzamenti artificiali. La nobiltà dacica aveva acqua corrente, portata nelle loro residenze da tubi di ceramica. Le scoperte archeologiche nel sito mostrano che la società godeva, per l’epoca, di un alto tenore di vita.

Le fortificazioni non rappresentano solo città disparate, collocate sulle cime delle montagne, ma un insieme compatto, un vasto insediamento militare e civile, con differenti nuclei, esteso su di una superficie grande circa quanto l’attuale Bucarest, circa 200 km quadrati. Si calcola che attualmente solo il 5% di ciò che costituisce Sarmizegetusa Regia è stato portato alla luce. Abbastanza da attirare ogni anno migliaia di turisti, talmente desiderosi di entrare nel regno dei daci, da cimentarsi nell’ardua impresa di arrivarci.

Ancora oggi il percorso è affascinante e impervio, la cittadella sembra inarrivabile, così come dovette esserlo per i soldati di Traiano.

stradaLa strada sterrata si inerpica per 18 Km,  larga, fangosa, con ripide curve a gomito, sempre a ridosso del fiume. Nel regno dei daci si entra passando sotto una curiosa porta dallo stile orientaleggiante. Due pilastri squadrati sostengono un tettuccio stretto e spiovente. Sulla sinistra il muro “ospita” su sfondo azzurro uno stucco bianco che raffigura un guerriero daco, con tanto di spadone ricurvo. Sul pilastro di destra un romano, rappresentante del popolo che invase, combatté, distrusse i daci e poi colonizzò la nuova provincia dell’Impero. Il viaggio comincia su stradine di campagna fiancheggiate da piccole case di montagna,  sparse in mezzo alla natura. Non sono numerose, ma sono fantasiose, susamirsi cartelli di legno, ferro, alluminio, o sulle cortecce degli alberi, una freccia o una croce che indica la strada per la cetate (cittadella). Spesso, dopo qualche curva lo sguardo si sofferma sul disegno colorato e naif di un Cristo crocefisso circondato da santi.  Guardando dal basso, la cima della rupe sembra sempre così lontana, conferendo un alone di regalità ed esclusività al mondo daco.

Gli ultimi km di strada sono da percorrere a piedi, ma la fatica viene ampiamente ricompensata: dopo aver varcato le mura della città si attraversa un pezzo di bosco e si giunge alla radura dove si trova l’area sacra. Si possono ammirare i resti delle imponenti mura, ora in mezzo a un bosco di faggi, e la strada lastricata che portava all’ampia spianata dove si trovavano i templi, una terrazza erbosa che domina le valli circostanti. È un luogo indubbiamente di grande suggestione. L’area sacra è composto da due edifici circolari,  il più grande formato di 104 anelli di andesite, con una fila di pilastri parallelepipedi e, verso il centro, altre due file di pali lignei coperti da lastre di terracotta, la prima, circolare, la seconda a ferro di cavallo. La disposizione dei pilastri di andesite presenta un particolare interessdiscoe: la loro divisione in 30 gruppi di 7 pilastri, fa pensare a un rapporto tra questo santuario e certi fenomeni celesti e persino all’ipotesi che il monumento fosse la rappresentazione architettonica del calendario dacico.

Molto interessante è il disco solare trovato vicino al grande santuario circolare,  suddiviso in 10 spicchi di circa 36° ognuno, il che renderebbe evidente che i daci conoscessero molto bene il periodo terrestre di 365 giorni ma non fossero adeguatamente precisi nelle misurazioni o nel taglio dell’ andesite.  La scoperta del sole di pietra è considerata la prova più certa dell’esistenza di un culto solare presso i Daci,  nei secoli I a. C. e I d. C. Intorno ci sono sassi “piantati” nell’erba a formare rettangoli e quadrati, resti di quelle che dovevano essere colonne allineate come soldati.

Non è ancora chiaro come siano riusciti a trasportare i pesanti blocchi di pietra fino alla sistemazione finale per un percorso così lungo e impervio, ma per gli ufologi non ci sono dubbi, l’aiuto alieno è inoppugnabile!

Sulla strada di ritorno fermatevi a parlare con qualche contadino… se lo trovate. Vi racconterà dei cacciatori di tesori che, fino qualche anno fa, giravano di notte da queste parti e di un americano che avrebbe pagato oltre quattro milioni di euro per quindici bracciali d’oro massiccio. Se gli chiedete perché non si sistema un po’ la strada vi risponderà che ai daci non sarebbe piaciuta l’idea di rendere più accessibile la loro enigmatica fortezza!

iarna




La ballata di Mastro Manole, un cuore in uno scrigno e altre storie…

E’ da tempo che penso alla leggenda di Mastro Manole (Meșterul Manole) e a come raccontarla. Gli ingredienti della vicenda sono molti e particolarmente intricati. E’ una storia tragica che rappresenta uno dei miti fondamentali della cultura rumena,  il mito estetico della creazione.

Si narra di un sacrificio umano, il più doloroso che si possa immaginare, ma anche di un monastero, quello di Curtea de Argeș, considerato un capolavoro architettonico senza eguali. Il monastero si trova nella Valacchia del principe Vlad, Dracula, non lontano dalla sua dimora di Poenari,  lungo il fiume Argeș, lo stesso dove, secondo Bram Stoker, si è gettata Elisabetta, la moglie del principe,  dopo aver appreso la (falsa) notizia della morte del marito in battaglia. Come se non bastasse nel Monastero di Argeș, è sepolta la regina Maria di Romania, insieme ad altri re e regine, niente di strano se non fosse che il suo corpo è senza il cuore!  La regina pretese in vita che alla sua morte il cuore le venisse estirpato, sistemato in uno scrigno d’oro e sepolto in un altro palazzo, nella città di Balcic, a cui si sentiva particolarmente legata. Questa non è una leggenda, ma pura verità storica.

I migliaia di turisti stranieri che arrivano ogni anno a Curtea de Argeș vengono attratti non solo dalla bellezza del Monastero, ma sicuramente anche dal mistero che lo avvolge, tra credenze popolari, leggende e storia. 

curtea de argesNel 1515, uno dei primi voivoda (principe) della Valacchia, Neagoe Basarab, decise di innalzare un monastero, al posto della vecchia chiesa metropolitana. Non voleva costruire un edificio qualunque, doveva essere il più bello tra tutti quelli realizzati fino a quel momento. Per questo fu lui stesso a progettare il monastero, visto che aveva vaste conoscenze di architettura,  e seguì da vicino i lavori, per quasi tre anni. Fece arrivare piastrelle di marmo e tessere di mosaico appositamente da Costantinopoli e procurò grandi quantità di oro e argento per le decorazioni, rinunciando a quasi tutte le sue ricchezze, per poter realizzare un luogo sacro unico. Assunse il più famoso pittore dell’epoca, Dobromir Zugravul, che realizzò dei dipinti meravigliosi, paragonati dai critici d’arte a quelli che si trovano nella famosa Basilica di Santa Sofia, a Istanbul. Ad una prima occhiata, questo monastero in pietra bianca con i tetti d’argento e le torri sinuose in oro colpisce proprio per la sua architettura unica, un misto affascinante di arte bizantina, con influenze armene, persiane e arabe. Il monastero è sopravvissuto a secoli di guerre, ai climi rigidi e a un incendio che, nel 1875,  rese necessario un restauro (dall’architetto francese André Lecomte du Nouy).

I documenti dell’epoca parlano di un luogo di culto imponente, unico per la sua bellezza (e anche per suoi costi!),  che il popolo accolse con molta fede e altrettanta curiosità perché era diverso da tutto quello che fu edificato fino a quel momento. Molti cercarono di giustificare questa incredibile grandiosità facendo appello a superstizioni e credenze popolari, come quella, molto diffusa,  secondo la quale l’arte richiede un sacrificio… un sacrificio umano!

Nacque così, da autore anonimo,  la Ballata del Monastero Argeș.
interior

La ballata inizia con Negru Vodă (Principe Nero), sovrano del territorio di Argeș,  che cerca sulla riva del fiume Argeș, insieme a “dieci grandi mastri e muratori”, guidati da Manole, un luogo perfetto per costruire un monastero come non si è mai visto. Camminando incontrano un pastore che racconta loro delle rovine di un muro, dove delle forze irrazionali impediscono qualsiasi costruzione, insomma, un luogo maledetto. Il voivoda decide di costruire proprio lì un monastero unico al mondo per la sua bellezza e splendore, non solo per orgoglio o per la continuità di una tradizione, ma anche per santificare il posto, sconfiggendo il male che sembra di alloggiare lì.

Ben presto, mastro Manole e i suoi uomini dovranno fare i conti con la maledizione di questo luogo: tutto quello che costruiscono durante il giorno, la notte sprofonda!

Il sovrano viene ogni giorno a controllare i lavori e non si capacita del fatto che dopo settimane di lavoro ancora non sia stato alzato neanche una parete e minaccia gli operai di seppellirli vivi nelle fondamenta.

Per sostenere i muratori interviene la Divinità, con un “sussurro dall’alto”. Manole, il prescelto, sogna che i muri resisteranno alla maledizione solo con un sacrificio umano: la prima donna, moglie o sorella che arriverà il giorno seguente con il pranzo sarebbe dovuta essere murata viva nelle fondamenta.
cupole

Informati del sogno, i mastri giurano di mantenere il segreto, ma sono tormentati. Il più preoccupato è Manole che, il giorno seguente, di mattina presto, “scruta l’orizzonte” per scoprire chi sarà la donna destinata al sacrificio supremo.  La sofferenza di Manole aumenta “fino a lacerare il suo cuore”, quando si accorge che colei che si stava avvicinando era proprio sua moglie,  Ana!

Sperando di cambiare il destino, si rivolge alla Divinità, affinché la fermi. Il cielo si lascia convincere e risponde alle preghiere dell’uomo, scatenando fenomeni naturali devastanti, tempeste e venti terribili, nel tentativo di fermarla, ma questa mostra una forza di volontà unica e niente riesce ad impedirle di compiere il suo destino.

Manole, tormentato da una lato dalla passione per la creazione e dall’altro dall’amore per Ana, accetta impotente il sacrificio della sua sposa.

Comincia con lei una sorta di gioco macabro e, fingendo una sorta di scherzo,  inizia a murare viva lei e il bimbo che Ana portava in grembo.  Questa è la parte più drammatica e angosciante della ballata, perché invoca il dolore fisico, il pianto della creatura che Ana portava dentro di sé ed il presentimento della sua fine, quando si rende conto di essere condannata.

Manole piange e continua a costruire, seppellendo la moglie tra le mura, “fino alle caviglie, fino ai polpacci, fino al grembo, fino alle spalle, fino al volto…” . Quando non si vede più il volto di Ana, si sentono ancora forti i suoi lamenti.

Alla fine, Manole si inginocchia e abbraccia il muro, che finalmente non crolla più.

anaUna volta compiuti i lavori,  Negru Voda arriva e rimane incantato dalla bellezza del monastero. Chiede provocatoriamente a mastro Manole se fosse capace di costruire un monastero ancora più bello e lui risponde, incautamente,  di sì.

Il voivoda si infuria e ordina di togliere le impalcature e di lasciar morire i costruttori sul tetto.  

Tentando di superare la propria condizione, come il leggendario Icaro, gli operai costruiscono delle ali con assicelle di legno, ma non riescono a volare e precipitando, trovano la loro fine.

La ballata si conclude con l’immagine del volo di Manole, che, mentre cade, continua a sentire i gemiti della sua amata.  fantana

Sul luogo dove Manole precipita nasce una sorgente che a oggi non si è non è mai prosciugata. La leggenda dice che, addolorata, la terra fece spuntare un filo di acqua, una sua lacrima. Davanti alla Fontana di Manole si fermano affascinati i viaggiatori di tutto il mondo, alcuni gettano qualche moneta ed esprimono un desiderio. Poi, si fermano incuriositi davanti alla parete sulla quale possono leggere un scritta, con lettere in rosso-sangue, che indica il luogo dove sarebbe stata murata Ana.  Qualche monaco si avvicina e racconta a bassa voce, sussurrando, che ancora oggi, qualche volta si sentono i suoi gemiti…