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Cluj-Napoca, il cuore della Transilvania

Mi piace scherzare con mio figlio e a volte e gli dico: “Quando finirai il liceo, andrai all’università in Transilvania, a Cluj-Napoca, incontrerai una ragazza rumena di cui ti innamorerai e rimarrai a vivere là”, e lui risponde protestando (giustamente) che non gli posso programmare il futuro! Forse dentro di me  sento che il ritorno di mio figlio a Cluj chiuderebbe un cerchio, iniziato con la mia partenza, da Cluj, oltre 13 anni fa. O forse semplicemente mi piacerebbe che lui andasse a studiare nella città-capitale della Transilvania perché è una bellissima città (con meravigliose chiese, basiliche, teatri, mura antiche, statue, piazze, il fiume Somes che romanticamente la attraversa), cosmopolita, con mille realtà culturali amalgamate dallo spirito di tolleranza, il secondo centro universitario della Romania (dopo quello di Bucarest), con 8 università e più di 100.000 studenti.  Ma sopratutto perché ho trascorso lì buona parte della mia vita e la considero città dell’anima.  Si potrà dire così?  Non sono affatto imparziale e spassionata dunque quando parlo di Cluj-Napoca (si pronuncia ‘kluʒ napo’ka e non Clui) e quando la consiglio agli amici come meta per le vaclujcanze.

Beh vi stupirà ma non sono l’unica a pensarla così! Il Daily Mail, prestigioso quotidiano britannico, ha realizzato nel luglio del 2014, un sondaggio sul livello di ospitalità di 79 città europee verso gli stranieri.

Ehm ehm… Cluj-Napoca occupa il primo posto nella classifica! Alla domanda “ritenete positiva la presenza degli stranieri nella vostra città?” il 91% degli abitanti ha risposto affermativamente. Un plebiscito!
Seguono a ruota Lussemburgo, Cracovia, Copenhaga e Ljubliana. Tra le maglie nere italiane, in fondo alla classifica, Torino, Napoli, Roma e Bologna. Fanalino di coda Atene.

Quando ho letto i risultati del sondaggio mi sono sentita orgogliosamente felice, ma non mi sono meravigliata più di tanto. La città di Cluj-Napoca è da sempre luogo di incontro di diverse lingue e culture : rumene, ungheresi, sassoni, ebree, armene, slave e altre minoritarie e diverse religioni: ortodossa, cattolica, greco-cattolica, protestante, luterana.cluj-napoca

La diversità si “respira” già entrando in città e si legge nei cartelli che ti danno il benvenuto. Pur non essendo un posto di confine, il nome della città è scritto in tre lingue: Cluj-Napoca (rumeno), Kolozsvár (in ungherese), Klausenburg (in tedesco). Alcune fonti dicono che l’origine del nome derivi dalla parola Castrum Clus ( “città chiusa”,  per via delle montagne che la circondano) mentre altre fonti vogliono l’origine del nome tedesco Klaus (“passaggio tra le montagne”). Il nome Napoca è stato aggiunto durante il regime comunista, per sottolineare l’origine dacica e romana della città. Non a caso, uno dei simboli è proprio la Lupa Romana, che alatta Romolo e Remo, una statua donata a Cluj dalla città di Roma e che si trova proprio al centro della città.
Il multilinguismo è una realtà indiscutibile in questo posto, lo è sempre stato.  Spesso entrando nei negozi vieni salutato in rumeno, ungherese o tedesco, le tre lingue parlate fluentemente dagli abitanti, oltre l’inglese.  Facilmente senti parlare anche romanes (la lingua dei rom), armeno, italiano, arabo. Mi ricordo che, negli anni ’80, nelle università di Cluj, c’erano molti studenti stranieri, sopratutto provenienti dai paesi arabi e dalla Grecia,  che non solo arricchivano le casse dello stato, pagando tasse in dollari, ma aggiungevano un tocco di universalità alla città, abbastanza inconsueto nella Romania comunista.

La diversità linguistica della città ha radici storiche piuttosto articolate. I primi insediamenti furono dei Celti e dei Daci, colonia romana nel I secolo a.C., conquistata e distrutta dai Goti, dagli Unni di Attila e dagli Avari, contaminata dalle popolazioni slave, annessa al I impero bulgaro, dominata dai magiari prima e dagli ungheresi dopo, devastata dai mongoli, colonizzata dai tedeschi (1270 d.c) annessa più volte all’impero austro-ungarico, capitale del principato austriaco della Transilvania, ritornata a far parte della Romania (1918), occupata dai sovietici dal 1944 al 1952 e infine di nuovo città della Romania comunista e poi democratica!!

Forse il posto più suggestivo, il simbolo dellsan michelea città,  è Piața Unirii ( Piazza dell’Unità), con al centro la statua del celebre re d’Ungheria Matei Corvin (Mathias Rex), non a caso nato qui nel 1443. La piazza è dominata dall’imponente Chiesa di San Michele, costruita tra il XIV e il XV secolo, uno dei più rappresentativi edifici gotici del Paese e un importante monumento religioso. Vale la pena visitare il suo interno (ingresso libero), caratterizzato da diversi stili architettonici, dal rinascimentale al barocco.  A ricordare la vecchia colonia romana, è stato ricavato uno spazio coperto da un vetro su alcune rovine romane, portate alla luce dagli archeologi. Nella stessa piazza, teatro degli scontri  durante la rivoluzione anticomunista del 1989, si trova una lapide che ricorda i morti di quei giorni. La storia tormentata di questa città ha lasciato il segno ad ogni passo.

Dalla Piața Unirii, passeggiando per il Bulevardul Eroilor (Boulevard degli Eroi), troverete la statua della Lupa Romana; proseguite fino ad arrivare nella Piața Avram Iancu (che prende il nome da un eroe nazionale, tra i capi della Rivoluzione della Transilvania, del 1848). Qui si trovano la Cattedralupale Ortodossa e il Teatro Nazionale, edifici costruiti all’inizio del novecento. Vi consiglio di entrare nella cattedrale e di assistere a una messa ortodossa, vi garantisco che sarà un’esperienza che non vi lascerà indifferenti. Siccome i rumeni sono molto religiosi e molto…ortodossi, la chiesa si affolla a ogni messa, le donne a sinistra e gli uomini a destra, tutti a pregare in piedi o in ginocchio, dopo aver fatto la fila per baciare l’icona che si trova davanti all’altare.

La ricchezza architettonica della città è sotto gli occhi di tutti.  A Cluj si trovano importanti monumenti di epoca medievale (il Bastione dei Sarti o Bastione Bethlen, la Chiesa benedettina Calvaria),  rinascimentale (la chiesa gotica, calvinista,  senza campanile, la casa di Matei Corvin, il Museo della Farmacia, la statua di  San Giorgio che uccide il drago), barocca ( il palazzo Banffy,  attualmente sede del Museo dell’Arte), il monumento liberty dedicato a Matei Corvin.  C’è poi la Sinagoga “Neologa”, in stile neomoresco, sul modello della Sinagoga di Vienna.

Una passeggiata nel Parco Centrale della città è d’obbligo per tanti motivi: è un’isola di verde con una storia di oltre 180 anni, avrete la possibilità di fare una passeggiata in barca sul lago,  ma anche di fare ginnastica nella palestra all’aperto attrezzata al centro del parco. In fondo si trova il nuovissimo stadio Municipale da 23mila posti, il  Cluj Arena,  che ha la forma di un’astronave. Dobbiamo dire che proprio grazie a questo stadio e alla squadra CFR Cluj (in Champions League nel 2012), molti italiani hanno appreso dell’esistenza della città di Cluj-Napoca. stadio

Stanchi della passeggiata in città? Fermatevi nella zona pedonale (Bulevardul Eroilor), frenetica ma non caotica, vivace e dinamica grazie alle migliaia di studenti che vengono qui da tutta la Romania e parte dell’Europa. La strada è piena di locali e bar all’aperto con terrazze. Avrete solo l’imbarazzo della scelta su dove fermarvi per sorseggiare un drink, assaggiare un dolce tipico, bere un espresso e respirare l’aria pura, tra le più pulite d’Europa, secondo l’Agenzia Europea per l’Ambiente.
Se volete mangiare in un ristorante potete scegliere tra la cucina tradizionale rumena, quella italiana, l’araba, l’ungherese, la greca…A Cluj si può pranzare praticamente a qualsiasi ora!

In auto, in treno, in aereo (in città c’è un comodo aeroporto internazionale), se state ancora pensando se andare o no in Transilvania, a Cluj-Napoca, vi darò un motivo in più per farlo: nel 2015, sarà la Capitale europea dei giovani!

Mirela Baciu




La Casa del Popolo che si vede dalla Luna

Non so se il dittatore rumeno Nicolae Ceaușescu e la sua consorte Elena sognavano di andare sulla luna e guardare il frutto delle loro manie di onnipotenza, ma la megalomane Casa del Popolo a Bucarest di certo l’avrebbero vista, dato che è una delle tre cose che si dice si riescano a vedere dalla Luna, (ndr insieme alla Muraglia Cinese e il Pentagono americano). Con questo enorme edificio (e non solo questo, purtroppo), i due sono entrati nella stessa storia che alla fine li ha puniti: non sono riusciti ad inaugurare la costruzione da record perché furono fucilati durante la rivoluzione anti-comunista del dicembre 1989.
I primati però restano: il più grande e costoso edificio amministrativo del mondo, il secondo come grandezza, dopo il Pentagono, il terzo come volume dopo Cape Canaveral in Florida e la Piramide di Quetzalcoatl di Messico. Il volume della Casa del Popolo supera inoltre del 10% la Piramide di Cheope.

I numeri sono da capogiro: 84 metri di altezza, 340.000 metri quadri, 4 livelli sotto terra, 17 piani fuori terra, 3100 stanze, un reticolo di tunnel sotterranei percorribili in auto che collegava la Casa del Popolo all’aeroporto di Bucarest  (nel caso in cui il dittatore avrebbe dovuto scappare dalla furia del popolo), due bunker antiatomici, un labirinto di stanze ed enormi magazzini. Sette anni di lavoro ininterrotto, con l’ausilio di 20.000 operai e 200 architetti, un milione di metri cubi di marmo estratto dalla Transilvania (in quegli anni la richiesta di marmo fu così alta che le pietre tombali dovettero essere realizzate in altri materiali), 3500 tonnellate di cristallo, 700.000 tonnellate di acciaio e bronzo e 900.000 di metri cubi di legno. Tutti materiali di provenienza autoctona.

Per cinque anni, a partire dal 25 giugno del 1984, quando ebbero inizio i lavori, il dittatore accompagnato dai ministri ha visitato ogni sabato alle 14.00  il cantiere e ha seguito da vicino il corso dei lavori, stravolgendo spesso il progetto, che si doveva conformare perfettamente la sua mania di grandezza.
Negli anni ’80,  Ceaușescu decise di voltare le spalle alla Unione Sovietica e di ispirarsi al modello cinese e coreano, per il quale aveva una vera e propria venerazione. Gli storici dell’arte parlano ironicamente di uno stile architettonico “greco-coreano”  e sono estremamente critici su questa sorta di “classicismo socialista”, sull’analfabetismo culturale ed estetico, sul gusto devastante per il “gigantismo”, che caratterizza la costruzione della Casa del Popolo. Tutto ciò non ha impedito però  alla prestigiosa rivista americana Newsweek di includere la Casa del Popolo tra le nuove meraviglie del mondo moderno, assieme all’Opera di Sidney e al Golden Gate di San Francisco.

Il risvolto della medaglia fu che 40.000 costruzioni, tra case, ospedali, chiese e sinagoghe furono demolite per far posto al nuovo grandioso edificio, un quinto del centro storico di Bucarest distrutto, 57.000 famiglie sradicate dalle loro abitazioni da un giorno all’altro e obbligate a trasferirsi in negli appartamenti stretti dei palazzoni grigi edificati dal regime comunista. Un numero ancora oggi sconosciuto di operai morirono sul lavoro e altrettanto ignoto è il numero delle persone che si suicidarono dopo aver perso in una notte tutto in seguito alla demolizione dei loro immobili. Le leggende parlano di corpi seppelliti nei sotterranei del palazzo, per nascondere il vero prezzo di vite umane che il popolo dovette pagare per veder edificare la “sua Casa”.
E’ invece storia e non  leggenda purtroppo il fatto che, mentre il regime edificava il suo costosissimo monumento, la gente pativa la fame, giustificata dalla “legge dell’alimentazione razionale” che prevedeva un certo numero di calorie da assumere a persona. Tutto il cibo prodotto in patria veniva venduto all’estero in cambio della valuta straniera necessaria per mantenere i costi della Casa del Popolo.
Nel 1989 la rivoluzione anti-comunista mise fine al regime dittatoriale di Nicolae Ceaușescu, alla sua megalomania e con essa all’ultimazione dei lavori di costruzione del palazzo. Il nuovo governo propose la demolizione della Casa del Popolo, ma, a questo punto, fu proprio il popolo, tramite referendum, a decidere che l’edificio doveva rimanere come simbolo di tutti i sacrifici che ogni rumeno sopportò negli anni della sua costruzione.

Oggi la Casa del Popolo è diventata il Palazzo del Parlamento e, inclusa in tutte le guide turistiche di Bucarest, si può parzialmente visitare pagando un biglietto d’ingresso di 5 euro. Si è calcolato che se qualcuno volesse dedicare almeno un minuto alla visita di ogni stanza del palazzo, impiegherebbe almeno 3 giorni e mezzo per vederlo tutto! (tranquilli, la visita dura circa 30 minuti)
Resta ancora il mistero sulla zona sotterranea, dove è vietato l’ingresso, e proprio per questo le leggende nate negli anni ’80 trovano ancora terreno fertile. I dipendenti della Casa del Popolo sostengono che di notte i fantasmi degli operai morti si aggirano per i corridoi e che dai sotterranei si sentono rumori inquietanti. Nel 2002, il regista Costa Gavras ha girato qui le scene del film Amen, (ndr che avrebbe dovuto girare nel Vaticano ma gli fu negato il permesso). Michael Jackson si esibì nel suo primo concerto in Romania proprio nella piazza della Casa del Popolo, davanti ad un fiume di persone che il grande viale – più ampio degli Champs Elysées di Parigi – a fatica trattenne.

Nel 1990, il magnate Rupert Murdoch tentò di comprare l’edificio offrendo l’incredibile cifra di 1 miliardo di dollari senza riuscire a convincere le autorità di allora.
Si narra che i costi della non ancora ultimata realizzazione siano di 3.3 miliardi di euro, capitale rimasto nelle mani del popolo a memoria di una folle mania di grandezza al cui prezzo ogni rumeno ha suo malgrado contribuito.




Morto che ride!

Lo sapete che l’unico cimitero allegro del mondo ha sede proprio nella rigida e ortodossa Romania? Tombe e lapidi addobbate a festa, colori sgargianti ed epitaffi umoristici su piccoli e grandi episodi della vita e della morte….

Un amico mi ha chiesto recentemente di spiegare come mai l’ortodossismo,  religione così rigida (ndr solo per gli italiani in verità… per noi rumeni un atteggiamento “ortodosso” è definito paradossalmente “cattolico”!), tolleri l’esistenza di un Cimitero Allegro – Cimitirul Vesel –  come questo di Săpânța, nella regione di Maramureș, al nord della Romania. Bella e complicata domanda!
Unico cimitero del suo genere, patrimonio Unesco, riflette in realtà la concezione che avevano sulla morte gli antichi daci, che credevano nell’immortalità dell’anima e nel passaggio ad una vita migliore,  dove li aspettava il loro dio,  Zamolxes. Il mio amico mi è sembrato perplesso, in fondo anche altre religioni hanno il loro dio che li aspetta e l’anima immortale… e allora forse è meglio spiegare che interpretazione hanno dato i rumeni alla morte e alla “vita” dopo la morte, un mix di paganesimo dacico innestato nel sacro ortodossismo. Solo per fare qualche esempio, ancora oggi, quando muore un uomo, gli amici lo vegliano per tre notti e tre giorni, non lo lasciano mai solo, nella convinzione che se verrà lasciato anche per un solo istante l’anima andrà nell’oltretomba più triste. Si danno il cambio incessantemente, mangiano, bevono, giocano a carte in presenza del defunto, raccontano storie divertenti su di lui, ognuno a suo modo, allegramente. Alla fine della veglia, la bara aperta viene trasportata fino alla chiesa dove, dopo la celebrazione della messa e la benedizione del popă, viene finalmente chiusa e condotta al luogo della sepoltura. Dopo le operazioni di interramento i presenti condividono cibo e bevande in un ultimo corale saluto.

Altro esempio significativo è la celebrazione del 1 novembre, giorno dei defunti. I cimiteri si popolano dalla prima mattina, e per tutto il giorno, di allegria. Amici, parenti, bambini usano soggiornare tra le tombe in attesa di visite e visitando a loro volta altri defunti. Le tombe stesse si animano, diventano all’occorrenza tavole da pranzo, banconi di un bar, tutto il cimitero diventa luogo di un’allegra festa conviviale in cui l’elemento predominante è incredibilmente la Vita. Infine sconfinate luminarie animano la notte fino all’alba successiva.

Con una simile visione sulla morte, si dovrebbe cominciare a comprendere meglio il perché dell’esistenza di un Cimitero allegro, un luogo in cui si ride in faccia morte, la si esorcizza, dove i defunti si raccontano in prima persona con umorismo, barzellette, frasi divertenti. Autoironia che comincia spesso ben prima della morte stessa, quando l’aspirante defunto progetta, scommettendo a volte sulla propria fine,  il proprio epitaffio, i colori, il soggetto, il testo in rima baciata, incaricando della realizzazione un artista locale.

Eccone qualche testimonianza:cimitirulvesel3

Io riposo quì e mi chiamo Braieu Toader/Finché ero vivo molte cose mi piacevano/ Bere, mangiar bene e andare molto a donne/Ho amato la vita finché ho potuto baciare”.

“La grappa è veleno puro/Che porta pianto e tormento/Anche a me li ha portati/La morte mi ha messo sotto i piedi/Chi ama la grappa/Come me finirà/Perché io la grappa ho amato /E con lei in mano sono morto”.

Nel Cimitirul Vesel  – un vero cimitero di campagna, diventato museo all’aria aperta – ci sono oltre 800 tombe, realizzate, per la maggior parte, dall’ideatore di questo strano camposanto, uno scultore locale, Stan Ioan Pătraș, che decise di incidere le tombe del cimitero e realizzò, nel 1935,  la prima croce in legno “dipinta di blu”.  Il colore, riconosciuto adesso come albastru de Săpânța (azzurro di Săpânța), è stato scelto perché, nel simbolismo locale, rappresenta la speranza e la libertà. Le vignette sono disegnate in stile naif, con colori sgargianti, giallo, rosso, verde, e sintetizzano insieme al testo la vita del defunto, i suoi hobby, i suoi vizi e qualche volta anche la causa della morte.

“Il mio destino fu di morire sposa promessa/Sono morta a causa di un motore/Vicino al villaggio di Sarasau/Un guidatore crudele mi ha lasciato al suolo.”

Uno degli epitaffi più “apprezzati” è quello della suocera:

“Sotto questa croce pesante/ Giace la mia povera suocera/Se viveva ancora tre giorni/C’ero io sotto e lei leggeva/Voi che passate di qua/Provate a non svegliarla/Perché se ritorna a casa/Mi sgrida di nuovo/Ma io farò in modo/ Che non torni più./Resta qua, cara mia suocera”.

Una passeggiata tra le tombe del Cimitero allegro, molto curato e sempre pieno di fiori, vi darà l’immagine di un popolo che ha trasformato in arte il suo modo di esorcizzare la morte. Lasciano perplessi tutta questa esplosione di colori, le immagini naif che accompagnano gli epitaffi umoristici, tutto ciò che non ci si aspetta di ritrovare in un luogo di sepoltura. Nell’atelier del nuovo scultore popolare che realizza le croci, Dumitru Pop, troverete croci “prenotate” non solo per gli abitanti del paese, ma anche per americani, tedeschi, italiani, qualche giapponese. Turisti che, dopo aver visitato il cimitero di Săpânța, hanno deciso che vogliono riposare qui.

cimitirulvesel2Tutta questa visibilità mediatica, e anche il fatto di essere diventato il cimitero un patrimonio Unesco, non piace molto agli abitanti di Săpânța, che vorrebbero poter continuare a seppellire e piangere (o ridere!) i loro morti in tranquillità, senza dover chiedere permessi alle autorità o al Ministero della Cultura. Infatti, nel 2013,  il ministero si è trovato in una situazione quasi assurda, quando ha scoperto che alcune persone hanno rimosso le croci dei loro cari per ristrutturarle o sostituirle, senza avvisare le autorità. Ogni croce è ormai considerata monumento storico e si può immaginare la perplessità degli ispettori che hanno trovato croci mancanti nel cimitero!

Il Cimitero Allegro è considerato secondo alcuni tra le più belle necropoli del mondo e una delle principali attrazioni turistiche della Romania.

Qualche anno fa, il compositore irlandese, Shaun Davey, ha trasformato in musica le rime degli epitaffi scritti sulle croci, realizzando un concerto chiamato “Voices from the Merry Cemetery”, per 180 musicisti e voci. L’opera è stata presentata al prestigioso Ateneo Romeno di Bucarest ed ha riscosso  un grandissimo successo. Un altro irlandese, Peter Hurley, organizza dal 2010 a Săpânța, un festival interculturale di musica e tradizioni, intitolato “Drumul Lung spre Cimitirul Vesel” (Il lungo viaggio verso il Cimitero Allegro).

Attenzione, se ci state facendo un pensierino, sappiate che i posti sono prenotati e le liste di attesa sono lunghe… calcolate bene i tempi dunque!

cimiritulvesel




Il principe torna a casa… in Transilvania!

“Nelle mie vene scorre il sangue di Transilvania, la genealogia dice che io discendo da Vlad III” (ndr il leggendario conte Dracula), confessava un po’ di tempo fa nientemeno che il principe Carlo d’Inghilterra. Questo spiega il fatto che da più di dieci anni è un turista abituale della Romania, appassionato della natura selvaggia della Transilvania, un vero ambasciatore del turismo rurale ed ecosostenibile di queste zone. Il principe compare come testimone anche nel documentario “Wild Carpathia” trasmesso dal canale inglese Travel Channel in più di 100 paesi e  realizzato in Romania sui Monti Carpazi.
La Transilvania (il cui nome latino significa la “terra oltre la foresta“) viene presentata da un lato come luogo di miti e leggende, e dall’altre come grande riserva naturale, ancora selvaggia e incontaminata, che deve essere protetta.
Le foreste e i paesaggi dei Monti Carpazi  (estesi quasi quanto la Gran Bretagna) aiutano alla definizione stessa della Romania e perderle sarebbe una tragedia”, dice il principe, aggiungendo che “il sintagma della Transilvania come terra oltre la foresta perderebbe il suo significato“. Nell’intervista inserita nel documentario,  il principe Carlo parla proprio della sua passione per questi luoghi, dove l’uomo può ancora vivere in armonia con la natura, parla della gente semplice, delle foreste, degli orsi bruni che vi trovano rifugio, dei prodotti ecologici, ma anche dei suoi antenati che, lontano nel tempo, vivevano in Transilvania.  Una sorta di ritorno a casa insomma.

http://www.dreamstime.com/stock-photo-viscri-fortified-church-image27976360Negli ultimi anni, ha comprato proprietà in piccoli centri della Transilvania, in villaggi, modeste case rurali, alcune di loro costruite oltre 200 anni fa. Le ha ristrutturate conservando intatta la struttura originale, utilizzando solo materiali compatibili con l’epoca e niente cemento. Una di queste proprietà si trova in un villaggio sassone  chiamato Viscri,  a meno di un’ora Sighisoara (la città natale del principe Vlad III). Il posto, insieme ad altri insediamenti sassoni, è stato inserito, nel 1999  nel patrimonio Unesco. Il principe ritorna ogni anno, gli abitanti sono abituati a vederlo passeggiare per le viuzze del villaggio impegnato in lunghe camminate nella secolare foresta di querce che si trova lì vicino. Di lui di narra che sia una persona semplice, umile e socievole, innamorata da tutto quello che riguarda la cultura e le tradizioni ancora genuine. Adora i gruppi folcloristici della zona e non perde occasione per lasciarsi coinvolgere in dei balli popolari, insieme ai contadini.

Anche grazie alla costante presenza del principe Carlo, il prestigioso quotidiano britannico The Guardian, ha incluso Viscri tra le più belle destinazioni turistiche della Romania. Non è solo per la sua posizione geografica, nel cuore della Transilvania, immersa nella natura vergine, ma anche per i suoi monumenti, come la chiesa fortificata risalente al 1225. Il villaggio stesso è un salto nella storia, un baluardo originale della tradizione sassone. All’interno della chiesa si trova anche un’originale “camera del lardo“, dove, in base a una vecchia tradizione, si conservava il lardo durante i mesi estivi.

I turisti che arrivano qui vanno alla ricerca di un salto nel passato, della natura selvaggia e della semplicità, amatori di quello che si chiama turismo ecosostenicharlesbile. Si può passeggiare in carri trainati dai cavalli, camminare nella foresta di querce, partecipare a tutte le attività tradizionali del paese come la ferratura dei cavalli, la preparazione delle marmellate, la raccolta di piante medicinali per le tisane.  Il numero dei turisti che scelgono come destinazione i villaggi sassoni della Transilvania è in continuo aumento, solo a Viscri, l’anno scorso sono arrivati 12.000 di turisti stranieri, non solo dall’Inghilterra, ma anche dalla Francia, Austria, Germania, Italia, Giappone, Stati Uniti e Australia.

Da alcuni anni, da maggio a settembre, anche le proprietà del principe Carlo in Transilvania hanno aperto le porte ai turisti stranieri. Si può alloggiare, pagando tra i 40 e 50 euro, nelle stanze principesche che hanno conservato intatto l’arredamento antico, molto pittoresco ed “esotico” nella sua semplicità.

Viscri rappresenta un’alternativa più sobria ai percorsi vempireschi del turismo rumeno, un luogo antico, fuori dagli schemi, per ricaricarsi e ritemprare memoria e anima.