Le grandi donne della Romania
Nel 1970, una delle mogli dello sceicco Zaed-Bin dell’Abu-Dhabi necessitava di un delicato intervento chirurgico alla colonna vertebrale. Trattandosi di una donna araba, la religione musulmana non permetteva che l’operazione fosse eseguita da un uomo. Così lo sceicco si dette da fare per cercare un neuorchirurgo donna che la potesse operare. Non fu facile, lo sarebbe anche oggi in verità, ma una lunga ricerca lo portò in Romania, dalla dott.ssa Sofia Ionescu che operava fin dal 1944, quando eseguì il primo intervento al cervello su un bambino vittima di un bombardamento durante l’occupazione tedesca di Bucarest. Quell’intervento fu riconosciuto dal Congresso Mondiale delle donne neurochirurgo, nel 2005, come il primo di questo genere realizzato al mondo, e alla rumena Sofia Ionescu fu conferito il titolo di prima donna neurochirurgo.
Anche la prima ingegnera in Europa (alcuni sostengono che lo sia anche del mondo) fu una rumena, Elisa Leonida Zamfirescu. Respinta, per pregiudizio, dalla School of Bridges and Roads di Bucarest entrò alla Royal Technical Academy di Berlino, laurendosi nel 1912. Dopo aver rifiutato un contratto di lavoro offertole da una grande azienda tedesca, tornò in Romania dove, da lì a poco, si trovò a fare i conti con lo scoppio della prima guerra mondiale. Elisa Leonida decise di arruolarsi nella Croce Rossa e andò al fronte dove guidò in prima persona alcuni ospedali di guerra.
Il coraggio e la determinazione non mancarono nemmeno ad un’altra rumena, Sarmiza Bilcescu Alimănișteanu, la prima donna in Europa laureata in giurisprudenza, a soli 23 anni, presso l’Università della Sorbona, e la prima donna al mondo che conseguì un dottorato in diritto, nel 1890. La sua tesi dal titolo “Sulla natura giuridica della madre“, evidenziava tutte le contraddizioni e la mancanza di diritti delle donne, in particolare, delle madri. Sarmiza non praticò mai l’avvocatura, scegliendo di dedicarsi alla causa femminista e dando vita ad un’associazione che lottava per il diritto all’educazione delle donne e per la parità tra i sessi, un’antesignana esponente del femminismo europeo!
Per la stessa parità di diritti si batté anche Smaranda Brăescu che sognava addirittura di pilotare aerei in un’epoca in cui alle donne era concesso ben poco! Laureata all’Accademia delle Belle Arti di Bucarest, nel 1926 chiese di seguire il corso di pilotaggio all’unica scuola specializzata appartenente all’esercito. Fu rifiutata non per demerito ma perché donna. Nel 1927, un fabbricante tedesco le consigliò di comprare un paracadute, di recarsi a Berlino e di ottenere così il brevetto di paracadutismo. Smaranda prese in prestito 40.000 lei, andò a Berlino, e, dopo aver finito il corso, ottenne il brevetto. La Romania diventò così il terzo paese del mondo ad avere una donna paracadutista, dopo gli Stati Uniti e la Francia. Dopo aver battuto il record mondiale femminile di salto col paracadute, nel 1931, provò ad ottenere il record assoluto, detenuto al momento da un americano. Nel maggio del 1932, a New York, fece un salto storico, da 7400 metri, che durò 25 minuti e le garantì un record mondiale imbattuto per ben 20 anni.
Negli anni ’50, un’altra donna di nome Ana dovette dimostrare alla Romania comunista e al mondo che le competenze e il talento non hanno sesso! Nel 1952, crea il primo Istituto di Geriatria del mondo trasformando la Romania nella meta di un singolare pellegrinaggio per tutti coloro che sognavano di fermare il tempo, convinti di aver trovato un elisir della giovinezza, chiamato Gerovital, considerato il primo medicinale anti-invecchiamento della storia moderna.
Molti personaggi noti furono affascinati dall’idea, così innovativa all’epoca, di prevenire l’invecchiamento, diventando pazienti (e testimonial) di lusso dell’Istituto Internazionale di Geriatria di Bucarest. Tra questi Salvador Dalì, Charlie Chaplin, Kirk Douglas, Pablo Neruda, Aristotele Onassis, Jacqueline Kennedy, Indira Gandhi, Marlene Dietrich, Charles de Gaulle, il generale Tito, per citare solo alcuni dei milioni di pazienti di tutto il mondo che si sottoposero alle cure della dottoressa Aslan e del suo istituto.
Ho lasciato alla fine due donne di sangue blu, una principessa e una regina, rimaste indelebilmente nella storia per il loro fascino, per la loro immensa cultura e per le loro imprese, alcune sorprendenti e improbabili.
La principessa Elena Ghica fu la prima donna a scalare il Monte Bianco, nel 1860. Oltre a questo, fu considerata “una delle menti più lucide e più intelligenti d’Europa” del XIX secolo (parlava 9 lingue!), una scrittrice di vasta cultura e una femminista impegnata. Conosciuta con il suo pseudonimo letterario, Dora d’Istria, ispirato al nome del fiume Dora Baltea, trascorse la sua giovinezza tra Vienna, Venezia, Dresda e Berlino e visse un grande periodo di peregrinazioni, di viaggi, di studi, indirizzandosi verso interessi vari: dalla storia alla filosofia, a studi e discettazioni su questioni religiose, politiche, economiche, letterarie senza trascurare l’approfondimento delle tradizioni popolari. Riuscì a conoscere a fondo l’universo femminile attraverso i suoi innumerevoli viaggi e lo “fotografò” in tutti i suoi particolari nei suoi numerosi scritti che pubblicò nelle più prestigiose riviste dell’epoca.
Dora d’Istria visse a Firenze dal 1860 sino al 1888, a contatto con il fervido ambiente intellettuale e politico del periodo post unitario italiano. Giuseppe Garibaldi la definì un “Eroe – sorella , un’anima volta a più alti ideali”. Alla sua morte lasciò la sua villa all’istituto per i sordomuti fiorentino.
Una storia piuttosto singolare è quella della regina Maria di Romania (principessa di Edinburgh), tanto amata e rispettata dal popolo quanto contrastata dalla famiglia reale per la sua vita privata piuttosto disinvolta. Fu l’unica donna a partecipare alla firma del Trattato di Versailles, dopo la fine della prima guerra mondiale. Il suo arrivo a Parigi, al posto del marito, il Re Ferdinando, rafforzò il suo appellativo di Regina Soldatessa (attribuitole per la sua presenza attiva sul fronte durante la guerra). Donna di una bellezza unica, al suo arrivo in Francia conquistò le prima pagine dei giornali sensibilizzando indirettamente molti stati europei a tener conto del tributo che la Romania, più di ogni altro stato, aveva dovuto concedere alla Grande Guerra (ricordo che la Romania perse quasi metà del suo territorio dopo la prima guerra mondiale). La regina Maria ebbe un ruolo decisivo nell’unificazione della Romania e nel ricongiungimento di parte dei territori persi.
Maria ha lasciato ai rumeni anche una peculiare storia di…cuore. No, non si tratta di una storia d’amore, ma di una vicenda reale che ha il sapore del leggendario. Nel suo testamento chiese che dopo la morte il suo cuore le venisse estirpato, posto in uno scrigno d’argento e portato in un luogo a cui si sentiva particolarmente legata, Balcic, sul Mar Nero. E così fu. La regina Maria morì nel luglio del 1938, al Castello Peleș, e fu seppellita nel Monastero di Argeș, così come tutti i reali rumeni. Da quel momento, il suo cuore iniziò un lungo pellegrinaggio, durato più di 70 anni, a causa di eventi storici tormentati e impietosi. Nel 1940, dopo che la città di Balcic venne restituita alla Bulgaria, il cuore fu spostato al Castello di Bran, poi al Museo di Storia Nazionale di Bucarest e finalmente, nel 2015, fu trasportato, nel Castello di Peleș, nel cuore dei Monti Carpați, da dove era partito sette decenni prima.
Ogni anno, a luglio, il mese in cui è morta, si registra quello che gli amanti dell’esoterismo chiamano il lutto viola: nell’aria si spande un profumo intenso di violette (il fiore preferito delle regina), ma solo nelle sue stanze. Il profumo compare e scompare inspiegabilmente, avvolgente, un fenomeno che incuriosisce ancora oggi guide e turisti e si perde nelle tante leggende dei castelli transilvani.
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