San Nicola, la Befana dell’Est
Da bambina, la sera del 5 dicembre la passavo lucidando gli stivali da mettere fuori porta, sullo zerbino, per quando sarebbe passato San Nicola, il vecchio buono che non si vedeva mai e che lasciava dolci, arance, noci e anche qualche bastone con fiocco, per i bambini disobbedienti e pigri. Mio nonno ci diceva che le scarpe dovevano essere così lucide da potersi specchiare dentro e lanciava una vera gara tra i nipoti, che non risparmiavano nulla, un misto di crema per le scarpe e saliva, tutto per entrare nelle grazie di San Nicola. Inutile dire che a furia di lucidarle, le scarpe si consumavano prima.
San Nicola era un po’ la nostra Befana. Non sapevamo nemmeno che da qualche parte nel mondo c’era una vecchietta che vien di notte, con le scarpe tutte rotte, cavalcando una scopa magica e portando calze piene di dolci e carbone. Scoprire la sua esistenza solo a 30 anni mi ha risparmiato forse picchi glicemici, ma mi ha privato anche di emozioni che, una volta usciti dal tempo delle favole, si fa fatica a ritrovare.
A dire il vero, non so come se la sarebbe cavata la Befana con i regali, in una Romania impoverita e triste, dove i bambini avevano imparato a non chiedere nulla ma erano felici davanti ad un’arancia verde, ancora acerba, o ad una banana nera, troppo matura, che arrivava a dicembre nei negozi di alimentari e si vendeva sotto banco come merce rara.
San Nicola era umile e povero come lo era il mio paese e gli bastava veramente poco per accontentarci. E’ sopravvissuto miracolosamente ai divieti assurdi imposti dalla propaganda comunista, che aveva sostituito addirittura Babbo Natale (Mos Craciun) con Babbo perdel Gelo (Mos Gerila), con lo scopo di eliminare dal lessico e dal cuore dei rumeni la parola “sovversiva” Natale.
San Nicola era per noi un vecchio buono che, cavalcando il suo cavallo bianco e scuotendo la lunga barba, portava la neve che sentivamo battere contro le finestre ghiacciate. Sapevamo che san Nicola non era come Babbo Natale, lui non si mostrava a nessuno, ma noi rimanevamo comunque tutta la sera incollati alla finestra aspettando di vederlo.
Ci piaceva ascoltare le storie che mio nonno ci raccontava.
Una leggenda narrava di come san Nicola avesse salvato tre ragazze di povera famiglia che dovevano essere vendute dal loro padre, che non aveva la possibilità di dare loro una dote per potersi sposare. Di notte lanciava dalla finestra nelle stanze delle ragazze dei sacchetti pieni di monete d’oro. C’era poi una storia da brivido che ascoltavamo nascosti sotto le coperte: un giorno, san Nicola entrò in una locanda il cui proprietario aveva ucciso tre ragazzi facendoli a pezzi e per poi servirli agli ignari avventori. Nicola non si limitò solo a scoprire il delitto ma resuscitò anche le vittime, diventando di fatto patrono dei bambini.
Il racconto che ci piaceva sentire di più era quello che legava il santo ad una figura importante della storia rumena, ossia il principe valacco Michele il Bravo. Nel 1599, il cardinale di Bari regalò al principe una reliqua, la mano destra del santo con la quale San Nicola era solito benedire, per ringraziarlo del suo ruolo di difensore del cristianesimo nei Balcani. Le cronache del tempo raccontano che il principe valacco andava in battaglia con le reliquie del Santo al petto e questa immagine accendeva sempre la nostra fantasia.
C’era anche la leggenda di San Nicola che vigilava, verso mezzanotte, sul Sole che voleva scappare dagli umani lasciandoli senza luce e calore, o quella di Nicola visto come una specie di eroe che salva i marinai dal naufragio. Non potevano mancare gli incantesimi o le divinazioni sulla prosperità dell’anno successivo: si mettevano dei rametti di alberi fruttiferi in acqua per farli fiorire entro Capodanno, dai quali si poteva stabilire la riuscita dei frutteti.
Infine, c’erano delle regole rigide che dovevamo seguire il giorno di San Nicola: la mattina dovevamo fare un regalo ad una persona povera, non potevamo litigare con nessuno perché avremmo avuto un Natale infelice e nemmeno rimanere indifferenti davanti alla tristezza altrui. Per assicurarci un anno fortunato e ricco bastava lavarci la faccia con la neve della mattina, ma non sempre era possibile, soprattutto negli inverni in cui la temperatura scendeva a 40 gradi sotto zero e trovare della neve morbida richiedeva un vero miracolo degno di un santo.