Un Natale stupefacente…in Romania!
Immaginate che per qualche strano intreccio del destino vi troviate in Romania, a Natale, diciamo in Transilvania. Ho scelto questo luogo non solo perché ci sono nata, o perché gli inverni là, tra i boschi e le montagne, sono molto pittoreschi, ma per il semplice motivo che è la regione dove potete vivere ancora le tradizioni natalizie rumene più autentiche. Supponiamo però che non sappiate niente o quasi niente delle tradizioni di questo paese, che non sappiate nemmeno se i rumeni ortodossi festeggino il Natale o come lo facciano. La gente per strada si dice parole incomprensibili, come Crăciun fericit, sărbători fericite, sarmale, cârnaț, cozonac, colinde, plugușor, praznic, che non si avvicinano neanche lontanamente alle sonorità latine dell’italiano. Nei centri commerciali, negozi o ristoranti si ascoltano le incomprensibili colinde, una musicalità lenta, dal testo antico e misterioso…vi sentireste giustamente smarriti e avete bisogno di qualcuno che vi aiuti a passare un Natale indimenticabile. Eccomi qua, sarò la vostra guida immaginaria!
Per iniziare, una breve lezione di rumeno. In tutte le lingue neolatine, francese, spagnolo, portoghese o italiano, c’è nella radice della parola Natale, il senso di nascita, ma non nel neolatino rumeno, troppo facile! Per noi “Natale” si dice “Crăciun”. Per i linguisti, la parola Crăciun deriva da un termine molto antico, di origine tracica, balcanica, cãrciun” che significava il tronco d’albero e che veniva e viene ancora oggi bruciato la sera durante la notte del solstizio d’inverno per dar forza al sole intorpidito nel suo nuovo percorso verso la rinascita. Per concludere la breve lezione di rumeno, per fare gli auguri di Natale e di buone feste, le frasi più adatte sono Crăciun fericit (Natale Felice) e Sărbători fericite (Feste felici).
L’albero di Natale si addobba anche in Romania, ma nelle case non lo troverete prima della vigilia (qui in Italia è sempre una lotta tra la mia famiglia che lo vuole l’8 dicembre e me che lo vorrei molto più tardi). I bambini lo preparano il pomeriggio del 24, giusto in tempo per i regali che lascerà sotto l’albero Babbo Natale (Moș Crăciun). Nei miei primi 4 anni in Italia sono rimasta fedele alla mia tradizione e addobbavo l’albero solo alla vigilia, non mi abituavo all’idea che a fine novembre c’era qualcuno che lo facevo già. Venivo dalla Transilvania, dove le temperature scendevano a volte anche a 40 gradi sotto zero, nevicava per giorni interi, gli inverni erano infiniti e il Natale arrivava sempre con montagne di neve. Da bambina, la mattina della vigilia andavo con mio nonno nel bosco a prendere un bell’abete, su una slitta tirata dai cavalli, che facevano fatica a farsi strada tra la neve che scendeva senza fermarsi mai. Portavamo a casa l’albero ancora pieno di neve ghiacciata e il profumo di resina e bosco che avvolgeva il tepore della casa era inebriante…
Capirete quanta fantasia mi è servita per immaginare un Natale guardando fuori dalla finestra gli aranci colmi di frutta, il mare, il sole, a temperature superano abbondantemente lo zero… L’albero di Natale a fine novembre…. mah!!!
Il 24 però l’albero sarà lì, in ogni casa rumena. Il presepe, invece, non fa parte della tradizione natalizia ortodossa e perciò nessun “bambinello” e nessuna grotta vengono raffigurate nelle chiese rumene se non nelle icone bizantine che hanno come tema la nascita di Gesù.
Fanno eccezione le chiese greco-cattoliche, di rito bizantino, che seguono i riti religiosi cattolici.
Visto che è Natale e che sicuramente riceverete qualche regalo, un consiglio utile per quanto riguarda le usanze rumene: non aprite mai un regalo davanti alla persona che ve l’ha donato, è segno di maleducazione. Pensate che al mio primo Natale in Italia sono passata da maleducata proprio perché non scartavo i regali, li prendevo, ringraziavo gentilmente (e con troppo poco entusiasmo) e poi li mettevo via, per quando sarei tornata a casa. Mia mamma mi ripeteva sempre, quando ero piccola, che aprire un regalo subito è come dimostrare una curiosità inaccettabile per una persona educata.
Se aspettate che qualcuno vi inviti a casa sua per il cenone della vigilia, potrà non succedere mai, piuttosto saranno gli altri ad avvertirvi che passeranno da voi, in serata o in nottata, per portarvi la buona novella della nascita di Gesù, cantando. In Romania, se dici Natale, dici colinde, i testi epici rituali, cantati, che evocano la Nascita di Gesù. Vengono interpretati soprattutto dai giovani che, vestiti in costumi tradizionali e spesso indossando maschere tradizionali, narrano cantando la nascita di Gesù e l’arrivo dell’anno nuovo. Sono canti densi di simboli rituali. I colindători (i cantanti delle colinde) sono spesso accompagnati da strumenti musicali e vanno di casa in casa per augurare un anno buono, felice e prospero. In cambio ricevono soldi, dolci o frutta e, per tradizione, non escono dalla casa che li ospita senza aver bevuto un bicchiere di grappa o vino… segno di prosperità, si intende! Questa tradizione è presente non solo nelle campagne ma anche nelle grandi città dove non è raro vedere, presso la porta di un condominio, un gruppo che suonando ai campanelli chiedono: “Ricevete o no i colindatori?”. Famiglie intere si riuniscono dopo cena e vanno a trovare amici o parenti e cantano alle loro porte i canti natalizi. Le stesse canzoni risuonano per le strade anche nella notte di fine anno, perché nell’anima dei rumeni vive la convinzione che nel momento del passaggio tra un anno e l’altro, i Colindători allontanano il male e la negatività dalle loro case portando fortuna e prosperità.
Il senso profondo della notte della vigilia è proprio quello di condividere con l’intera comunità, e non solo con la famiglia, la festa di Natale. Il cenone natalizio non dura molto proprio perché si vuole passare più tempo fuori casa, per le strade, cantando con gioia, in una specie di incontro magico tra te e il mondo intero sotto il segno della nascita di Gesù. Il cenone è breve, ma molto ricco. Il protagonista è, suo malgrado, il maiale. In Romania si rispetta ancora, soprattutto in campagna, la tradizione del sacrificio del maiale nel giorno di Ignat, il 20 dicembre, tradizione unica nel mondo cristiano, con radici rituali degli antichi Daci, nel giorno del solstizio. Nella loro religione il maiale era sacrificato perché era visto come un simbolo della divinità delle tenebre, che aveva la forza di indebolire la luce del sole nella più corta giornata dell’anno, il solstizio d’inverno. Per venire in aiuto del sole la gente ammazzava il maiale e la carne di quest’animale era un cibo che aveva la forza necessaria per salvare il sole. Non a caso, dopo questo giorno, la luce aumentava gradualmente e il Natale diventava una festa della luce e della vita.
Non sono convinta che tutte queste motivazioni antropologiche possano aiutare a capire il significato di un rituale apparentemente barbaro in cui l’animale viene sgozzato davanti a tutta la famiglia, compresi i bambini, in un’atmosfera di grande festa. Dopo aver pugnalato l’animale, lo si copre con della paglia e si fa il fuoco per distruggere il suo pelo. Successivamente il maiale è lavato con acqua, pulito con un coltello e tagliato (prima di tagliarlo si fa il segno della croce sulla fronte dell’animale e si dice “Dio, aiutaci a mangiarlo, salute!”). Qualche volta, la pulitura è preceduta dalla tradizione di coprirlo con una coperta in modo che i bambini possano salirci sopra, perché si dice che in questo modo cresceranno belli e sani. Le donne preparano la carne facendo tutti i prodotti specifici e nella giornata di Ignat imbandiscono la tavola chiamata pomana porcului (una specie di dono per l’anima dell’animale), un pranzo a base di carne fresca di maiale. Gli invitati sono le persone che hanno aiutato a sacrificare il maiale e qualche vicino. Tutti i pezzi del maiale, dalle orecchie fino alla coda, vengono preparati. Le orecchie, pulite e salate, vengono offerte ai bambini. Sempre in questa giornata si preparano i cibi tradizionali per il giorno di Natale: cârnați (salsiccia), caltaboși (un tipo speciale di salsiccia), jumări (ciccioli), slănină afumată (lardo affumicato). Alcune di queste specialità si fanno affumicare secondo metodi trasmessi da una generazione all’altra. Dalla carne di maiale si preparano anche sarmale (involtini di carne macinata in foglia di verza o di viti), piftie (gelatina all’aglio contenente parti della testa o piedi) e arrosto di maiale. Tutto il menù di Natale è a base di carne di maiale, non facilmente digeribile, ma sicuramente molto saporito. Sulla tavola troverete anche il dolce tradizionale, cozonac, una specie di panettone farcito con noci o semi di papavero e zucchero.
Vi consiglio quest’ultimo, molto squisito, che accompagnato alla grappa, vi garantirà davvero un Natale… stupefacente!
Related News
“Una terra promessa dove crescere”… le nostre abilitazioni
Fino a pochi anni fa, pensare di scrivere un articolo come questo sarebbe stata puraRead More
Natale in Romania: Ignat, il rito pagano e il maiale divino
Se penso a me bambina e al Natale in Transilvania, mi assale una tempesta diRead More
Comments are Closed